Il rancore ci nutre di rabbia, di risentimento, di sospetti e spesso ci fa sbandare, distorcendo persino i nostri pensieri più forti e profondi, le nostre convinzioni più radicate.

Un aforisma anonimo afferma che “trattenere il rancore è come bere il veleno e sperare che l’altro muoia” ed è proprio vero, perché è vero che il rancore è sempre rivolto verso altri, ma logora noi stessi.

La politica di oggi è la politica del rancore, dell’invidia sociale, del relativismo, che ci fa muovere non tanto verso una direzione, ma contro un’altra, che ci fa compiere scelte che non importa che siano foriere di buoni risultati, ma è certo che ne produrrà di gravi, nei confronti di chi ci è ostile.

Il rancore è un motore spinto al massimo dei giri senza che le marce siano state ingranate: l’auto resta ferma e, prima o poi, fonde!

Governare un Paese attraverso politiche che alimentino il rancore rischia di produrre danni gravissimi, forse persino irreversibili, condannando la società alla recessione, alla miseria economica e morale.

Qualche momento di rabbia è fisiologico, umano, una vita fondata sull’odio costituisce un pericolo per tutti, persino per i rancorosi.

Oggi la politica italiana, dunque anche quella siciliana, che ancora non riesce a trovare una sua identità, è costruita sul rancore che “imballa” il suo motore e rischia di bruciarlo irrimediabilmente, condannandoci alla stasi.

Combattere contro il successo altrui può non significare lottare per il proprio.

È opportuno comprendere che usare il rancore come strumento di azione politica può non significare ottenere il benessere e la giustizia sociale auspicati, soprattutto se si tenta di negare l’essenza dell’essere umano.

Solo l’amore, la passione civile ed il buonsenso possono garantirci la possibilità di raggiungere risultati concreti, validi, risolutivi e nell’interesse di tutti.

Sì, di tutti, perché così come la resistenza di una catena si misura dalla resistenza del suo anello più debole, la forza e la capacità di sviluppo di una società, di una civiltà, si misura dalle condizioni della sua parte più disagiata.

Tuttavia, però, così come la catena non si rafforza indebolendo tutti i suoi anelli, la società non migliora abbassando il livello di tutti i suoi componenti.