Di Ninni Cuspilici

Il Ministero dell’Ambiente è gravemente inadempiente sulle norme europee, serve immediato stop a progetti fatti male .
E’ necessario chiedere una rigorosa applicazione delle normative comunitarie sulle procedure di valutazione ambientale relative a piani, programmi e grandi progetti. Queste dovrebbero essere realmente connotate da trasparenza e partecipazione del pubblico nelle scelte come richiesto dall’Unione Europea e al contrario di quanto avviene in Italia.
Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.), Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) e Valutazione di Incidenza Ambientale (V.Inc.A.): si tratta di procedure ancora poco note al grande pubblico che invece dovrebbero essere centrali nella vita del paese visto che riguardano impianti energetici, raffinerie, gasdotti, porti, autostrade ecc..


In Italia le grandi imprese, invece di affrontare la sfida di vedersi valutare pubblicamente i propri progetti come prevedono le leggi internazionali, vivono queste procedure come fastidiosi orpelli. È lì, invece, che si dovrebbe vagliare la qualità della progettualità di un paese. Continuano quindi a chiedere di stravolgere le regole in una continua gara ad abbassare l’asticella delle tutele, peraltro conducendo il paese a continui fallimenti. Basti pensare che le norme sulla V.I.A. sono cambiate nel 2017 con il D.lgs.104/2007 per introdurre la solita e vacua “semplificazione”. La situazione è…peggiorata! Invece di trarre le dovute conseguenze nel 2020 si è pensato a introdurre altre modifiche nel DL “Semplificazioni“. Dopo pochi mesi proprio chi ha pensato di beneficiare di tali leggi ora grida al loro fallimento!
L’ingorgo di 600 progetti attualmente in valutazione presso il Ministero dell’Ambiente – molti da diversi anni – è dovuto al fatto che anche i progetti fatti male, superficiali o incompleti, sono incredibilmente e irritualmente ammessi alla procedura invece di essere respinti subito.
Così perdono tempo tutti, dai cittadini interessati agli enti locali impegnati in estenuanti lungaggini. Un vero e proprio “accanimento” che spesso finisce con l’approvazione di progetti rattoppati a furia di integrazioni con i cittadini che presentano preziose osservazioni usati nei fatti come “correttori di bozze” svilendo così il rapporto con le comunità. Il 90% dei progetti alla fine ha comunque il parere positivo : viene da chiedersi come mai se hanno tali e tante criticità ammesse dagli stessi valutatori. Escono quindi pareri con decine o centinaia di prescrizioni che, secondo la Commissione Europea, sono un segnale di scarsa qualità di progetti che non avrebbero dovuto avere alcun seguito venendo respinti al mittente.

Addirittura da tempo associazioni e ricercatori segnalano inutilmente al Ministero casi spudorati di copia-incolla, strafalcioni, errori. Addirittura studi di impatto ambientale fatti attraverso foto e senza recarsi sul posto nonostante i progetti spesso valgano centinaia di milioni di euro. Per non parlare, poi, delle verifiche dell’ottemperanza di tali prescrizioni sui cantieri, che, quando va bene, vengono fatte da funzionari seduti a Roma sulle carte inviate dai proponenti. È ovvia la reazione dei cittadini che si vedono arrivare progetti che mettono a rischio la qualità della vita.
Il paradosso di questa corsa al ribasso è che a farne le spese sono alla fine i progetti meritevoli di attenzione che rimangono invischiati nelle lentissime e farraginose procedure ministeriali. Insomma, ci si chiede perché mai un’azienda dovrebbe puntare su una progettazione di qualità in queste condizioni.