di Vito Pirrone

Bersagliato da perplessità e critiche difficilmente il progetto Bonafede di riforma dell’ordinamento giudiziario arriverà al traguardo nella versione attuale. Ieri il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha cominciato a esaminare 200 pagine di pareri che, articolati nelle varie materie toccate dal disegno di legge delega, ne smontano i cardini, dalla revisione del sistema elettorale, con il rischio di marginalizzare le minoranze e sottorappresentare i giudici rispetto ai pm, alle prerogative istituzionali del Consiglio nelle scelte dei vertici degli uffici piuttosto che nelle progressioni di carriera, dove a essere svilito in un ruolo di fatto burocratico è un organismo che la Costituzione vuole invece di autogoverno della magistratura.

Ma è la stessa ministra della Giustizia Marta Cartabia mettere sul tavolo, nelle sue linee guida illustrate alla Camera in commissione, 2 proposte a forte carica innovativa: la previsione di un rinnovo biennale di metà dei componenti, sia laici sia togati, e poi misure per contingentare la presenza di giudici e pm in maniera da riflettere con maggiore aderenza alla realtà la situazione della magistratura di merito.