Il dato non è recentissimo, poiché risale a circa quindici giorni addietro, ma continua ad essere emblematico ed attuale, nonostante i numeri siano in parte migliorati, probabilmente anche a seguito delle critiche giustamente scatenatesi a seguito delle richieste, mal gestite, avanzate dai sindacati dei dipendenti regionali. 

In Sicilia i lavoratori interessati alla Cassa integrazione in deroga sono circa 130.000, 4.600 sono le pratiche esitate fino al 5 maggio, ma solo 1.300 circa, a quella data, avevano ricevuto le somme previste dalle disposizioni che disciplinano la delicata ed urgente materia in questione. 

1.300 su 130.000 vuol dire che, dopo mesi di attesa, siamo (eravamo) soltanto all’1%. Vergogna! Sì, vergogna è l’unica espressione con la quale la situazione andrebbe commentata. Non solo per la gravità del fatto in sé, ma anche per frenare l’impeto di disgusto che una tale notizia ha suscitato ai vari i livelli, soprattutto nella stampa, sempre pronta a generalizzare, fino a provocare le “poco chiare” dimissioni del dirigente generale del settore. 

Tuttavia, non mi sento di scaricare ogni responsabilità sulla solita burocrazia, della quale ci siamo già occupati in più occasioni, anche quando i compiti ricoperti erano di ben altro livello. 

Al di là dei recenti fatti specifici, che rappresentano soltanto la punta di un profondissimo iceberg, infatti, non bisogna dimenticare che il burocrate applica leggi che sono state scritte ed approvate da politici, anch’essi non sempre all’altezza della situazione, soprattutto quando si tratta di governare e non di gestire. Ma non è tutto.

Il burocrate dispone degli strumenti che, sempre la politica, gli ha permesso di utilizzare, ed anch’essi non sempre sono adeguati al lavoro che deve essere svolto. Lungi da me l’intenzione di costituire alibi per chicchessia, dato che nessun alibi può essere ammesso in circostanze come queste, intendo solo precisare che i problemi vanno affrontati da tutti i punti di vista, senza tentare improvvidamente di salvare qualcuno o qualcosa. 

A tal proposito, la politica, invece di dire che va tutto bene, invece di pensare all’ennesima lottizzazione di incarichi, che talvolta sono anch’essi figli della incapacità e dei soliti sistemi, invece di inventarsi fantasiosi piani di rilancio, che non vanno oltre tre o quattro luoghi comuni, non sarebbe meglio che si occupasse di fare funzionare bene la claudicante e vorace macchina amministrativa regionale, la stessa che sta affamando migliaia di cittadini? 

E invece no! Ancora una volta, a conferma del fatto che la qualità del governo della regione non è certo delle migliori e comunque non è quella necessaria per superare la difficile situazione attuale, alimentando le prevedibilissime, e talvolta strumentali, polemiche giornalistiche, si preferisce, come direbbero i napoletani del Regno delle due Sicilie, “fare ammuino”, palleggiando noiosamente da fondo campo, senza mai provare a fare punti. 

La riforma della burocrazia, intesa sia come apparato normativo, sia come sistema strutturale, sia come funzionari, rappresenta il primo obiettivo che qualsiasi amministrazione regionale, anche la più sgangherata che si possa immaginare, dovrebbe porsi con urgenza, senza alcun indugio e soprattutto senza pensare ad ulteriori modelli acquisitivi di stampo “cencelliano”. 

Riformare uffici, disposizioni, strutture e procedure, non comporta maggiori costi, semmai li riduce, non aggrava gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese e soprattutto attrae investimenti esterni, che sono quelli che ci servono più di ogni altro fantasioso ingrediente,  per far ripartire economia e lavoro. 

Questi vantaggi, però, per un certo modello politico, espressione di vecchie ma ancora presenti logiche clientelari, probabilmente, costituiscono dei gravi handicap da evitare accuratamente, poiché presuppongono competenza, coerenza, coraggio e responsabilità, tutti ingredienti che non si trovano nemmeno di contrabbando, forse perché nessuno si preoccupa di costruirli, né di cercarli.

Insomma, fino a quando la politica che si avvale della “democrazia acquisitiva” per gestire problemi ed ottenere consenso, non uscirà dalle dinamiche della clientela e della corruzione, ovvero dal patto scellerato con la burocrazia incompetente, ma arraffona, il caso della cassa integrazione, purtroppo, rappresenterà soltanto uno dei tantissimi esempi che si potrebbero fare quando si parla dei difficili rapporti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione.