di Ilenia Giambirtone


Si aspetta con ansia l’uscita nelle sale del nuovo film di Paolo Taviani Leonora Addio, tratto dall’omonima novella di Luigi Pirandello. Il film non poteva che essere ambientato in Sicilia: la casa natale dell’autore agrigentino, Palma di Montechiaro, Ortigia, il Monastero dei Benedettini e le Biblioteche riunite “Civica e Ursino Recupero” di Catania, questi sono alcuni dei luoghi scelti. Quello di Taviani è però un ritorno ad una terra che spesso lo ha ispirato. Fu infatti Kaos (1984) il primo film girato in Sicilia da Paolo e Vittorio Taviani, che consacrò il loro legame con lo scrittore girgentino Luigi Pirandello. I due fratelli, in coppia come registi e sceneggiatori per più di cinquant’anni, da sempre attratti dalle tematiche di carattere storico e sociale, sono stati in grado di rappresentare il rapporto dell’uomo col proprio tempo. Le rielaborazioni dei classici letterari hanno poi arricchito culturalmente le loro produzioni, che hanno mirato a portare sullo schermo non tanto la verosimiglianza della storia, ma piuttosto i processi psicologici e i significati che si celano dietro essa. Maestri del tempo, hanno saputo rievocare i racconti passati, donando a questi uno spirito contemporaneo nuovo, in grado di essere apprezzato dal pubblico presente. Questa ricerca di originalità, questo dialogo continuo col testo di partenza, ha reso evidente la loro affinità artistica con Pirandello.
Il progetto Kaos ha però retroscena più affascinanti di quanto si possa pensare. Inizialmente vi era solo l’idea di girare un film ambientato in Sicilia… Pirandello fu poi l’intuizione geniale: egli, più di altri, poteva donare ai Taviani un’idea sincera e profonda di quest’isola, raccontata attraverso una visione fatta di luci e di ombre, di reale ed irreale, di ciò che l’uomo vive esternamente ogni giorno e di ciò che poi, nel proprio intimo, percepisce di questa grande, colorata, stravagante farsa che è la vita.


Da qui il titolo: Kaos come la toponomastica siciliana (dalla contrada Càvusu, dove nacque Pirandello) che rimanda dunque ai luoghi della narrazione, pregni di quel fascino realista delle primissime novelle ambientate in una Sicilia agrigentina che ha sempre vissuto nell’ombra, una Sicilia antica dai paesaggi bianchi, candidi, ancestrali, una Sicilia che risente maggiormente degli influssi punici prima, e greci dopo, una Sicilia più araba e meno barocca, una Sicilia dai panorami arsi che rispecchiano l’essenza stessa dell’uomo; e Kaos come anche quella visione pirandelliana e tutta caotica della vita, che supera i confini della realtà statica, della caducità della storia e viaggia nel libero flusso dell’esistenza, una visione egregiamente compresa dai Taviani.
Da questi punti di partenza, i due registi e sceneggiatori, hanno riflettuto attentamente – e con profonda sensibilità – su come inserire nella propria rilettura dell’opera pirandelliana, la molteplicità di situazioni del reale, con toni comici ma velati da un sentimento amaro: un gioco di opposizioni che non stanca mai.
Attenzione particolare, poi, all’unico vero protagonista delle novelle: l’uomo che soccombe al destino, vittima delle critiche di una società incattivita che lo porta al crollo delle sue convinzioni, quasi ossessive. In collera per il costante smantellamento del proprio “io”. Un uomo che però non è solo vittima di una realtà non oggettiva, ma è anche carnefice: egli stesso si inganna – e così facendo inganna gli altri – riguardo la propria natura.


La magia dei fratelli Taviani sta proprio in questa descrizione e rappresentazione della realtà – presente anche nel film del 1998 Tu ridi – da non intendere solo come “ciò che si vede”, ma piuttosto come “ciò che si sente”.
E adesso, dopo più di vent’anni, Paolo Taviani – che nel 2018 ha dovuto dire addio al fratello Vittorio – ha di nuovo risposto al dolce richiamo di questa terra, e con il progetto Leonora addio torna a far rivivere l’immortale opera di Pirandello e la presenza artistica di suo fratello. Un film che non è solo un film: un omaggio alla vita che spesso deve fare i conti con la morte.
Gli spettatori rimangono in attesa, curiosi di scoprire come, questa volta, Taviani abbia saputo reinterpretare Pirandello e la Sicilia tutta, narrata musicalmente dalle colonne sonore di Nicola Piovani, già compositore in Kaos.
Se Luigi Pirandello credeva fermamente nell’incomunicabilità che affligge gli esseri umani, destinati a provare un’irriducibile solitudine perché incompresi, Paolo Taviani confuta ancora una volta questa teoria, interrogando l’intimo animo pirandelliano e portandolo sullo schermo. Perché l’uomo, anche se solo, vuole rispondere alla necessità di farsi capire dall’altro, e trova la comprensione di cui ha bisogno nel dialogo con gli autori passati o contemporanei. Un dialogo che ha legato, e lega ancora, i Taviani a Pirandello.