di Grazia Schillirò
Le rappresentazioni artistiche non hanno solo il merito di raffigurare armonia e bellezza, ma talvolta assumono ben altro compito, di gran lunga più arduo, ossia quello di denunciare la realtà. Non pochi artisti, infatti, si sono resi portavoce di vere e proprie proteste, mettendo in risalto, attraverso le proprie opere, atti, comportamenti e prese di posizione meritevoli di censura. Note ai più sono sicuramente le raffigurazioni artistiche del ratto delle Sabine, un vero e proprio atto di violenza documentato da storici e biografi (tra cui Plutarco), nonché rappresentato nel corso dei secoli da numerosi artisti. Celeberrima è la scultura dell’artista fiammingo Jean de Boulogne – italianizzato Giambologna – (1574-1580, Loggia dei Lanzi, Piazza della Signoria, Firenze), che lo rese lo scultore di transizione tra Rinascimento e Barocco. Anche il pittore Nicolas Poussin dedicò un suo dipinto al ratto delle Sabine (1637-1638, olio su tela, 159 x 206 cm, Museo del Louvre, Parigi). Altrettanto celebre la scultura di Gian Lorenzo Bernini raffigurante il ratto di Proserpina (1621-1622, Galleria Borghese, Roma), episodio questo tratto dalla mitologia, ma anch’esso emblematico della violenza sulla donna. La leggenda narra che Proserpina, figlia della dea Cerere, mentre era intenta a raccogliere fiori, fu barbaramente rapita da Ade, che la trascinò a bordo della sua biga negli Inferi e lì la sposò. Il medesimo episodio di violenza fu rappresentato nel 1904 anche dallo scultore Giulio Moschetti in una monumentale opera scultorea e idraulica, che si può ammirare nei pressi della stazione centrale di Catania e prende il nome di “Fontana di Proserpina”. Servendosi di cemento grezzo, l’artista scolpì Ade e Proserpina, circondati da numerose figure mitologiche, cavalli marini e sirene, cristallizzando le loro espressioni nel momento più drammatico del rapimento. La fontana è una delle poche che in Sicilia vanta una tale estensione. Un altro artista, che denunciò quasi disperatamente efferati episodi di violenza, fu Francisco Goya, che dal 1810 al 1820, nelle incisioni che formano il ciclo dei “Disastri della guerra”, raffigurò diversi episodi di barbare violenze perpetrate durante il periodo della guerra d’indipendenza in Spagna. Oscar Wilde affermava: “L’arte è la nostra vigorosa protesta” ed è proprio vero. Mai come in questi e in altri numerosi esempi, l’arte ha assunto un ruolo ben preciso, quello di raccontare la violenza con un realismo struggente, accendendo i riflettori su ciò che non si può celare, urlando al mondo ciò che non si può tacere.