Sono tra quelli che considera il linguaggio una convenzione: un modo attraverso il quale un certo numero di persone condividono il senso ed il significato da attribuire a ciascuna parola, riferendola ad un concetto, ad un oggetto, ad una situazione, ad una persona, ecc. 

Sin qui nulla di trascendentale: se in Italia ci mettiamo d’accordo e decidiamo che quell’animale a quattro zampe che abbaia ed è fedele al suo padrone si chiama cane, tutti lo chiameremo cane, così come gli inglesi lo chiameranno dog e i francesi chien!

I problemi cominciano quando la convenzione lessicale di cui si è detto viene disturbata da quella pratica, sempre più in uso nel nostro Paese e non solo, secondo la quale la chiarezza espressiva ha un significato politico e pertanto, in quanto “compromessa ideologicamente”, sarebbe giusto che venisse stemperata, attraverso l’uso di un linguaggio più “asettico”.

Tale tipo di espressione verbale, che altera il significato delle cose, travolge la sua convenzione etimologica e confonde le menti semplici, in un paese civile verrebbe definita ipocrita, falsa, filistea, bacchettona, bigotta, finta, untuosa, farisaica, insincera, gesuitica, commediante, baciapile, ecc. Da noi no!

Da noi, con la complicità di autorevoli giornali di regime, giusto per dargli la verginità e l’autorevolezza che non ha affatto, ma soprattutto per giustificare chi, ipocritamente, la usa, è invece definita “politicamente corretta”.

Il grande Giorgio Gaber direbbe: chissà se cane è di destra o di sinistra. Chissà se risponde a Gentile o a Gramsci, a Montanelli o a Scalfari.

Il fatto è che le parole non sono affatto “compromesse ideologicamente”, lo sono, invece, coloro i quali le usano o ne abusano, attribuendo loro connotazioni che esulano dal significato etimologico di cui sono espressione: e sono tanti, troppi!

Mi piacerebbe se, almeno per una volta, l’autorevolissima Accademia della crusca si facesse sentire non solo per stabilire se sia più giusto dire “arancino” o “arancina”, ma anche per protestare contro i ridicoli tentativi di strumentalizzazione di termini di uso corrente. Chissà se è troppo sperare che qualcosa del genere accada in fretta, magari prima di abbandonare del tutto il nostro “dolce stil novo”, in favore di qualche dialetto dell’Africa sub sahariana!

Di recente, un caso che ha fatto molto parlare la stampa “politicamente corretta” è quello che ha coinvolto il candidato presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, una persona che ho conosciuto e frequentato per circa cinque anni e della quale non ho mai sospettato, neanche lontanamente, alcuna forma di razzismo. 

Colto alla sprovvista, Fontana ha utilizzato propriamente, ma forse inopportunamente, il termine “razza”, suscitando le ire degli ipocriti, dei farisei, dei baciapile e dei “politicamente corretti”, che lo hanno ingiustamente accusato di essere, come dicevamo, un razzista!

Bene, anzi, male! Ad uso di quanti si sono scatenati contro il povero candidato, senza alcun altro commento, mi limito a trascrivere qualcosa che, ovviamente, se non fosse per l’autorevole fonte, agli ipocriti di cui si è detto apparirebbe razzista e non “politicamente corretta”. 

“Razza: gruppo d’individui di una specie contraddistinti da comuni caratteri esteriori ed ereditari. Ogni raggruppamento d’individui costituito in modo empirico sulla base di caratteri somatici esteriori comuni (r. bianca, gialla, nera; r. australiana, sudanese, ecc.).” (Definizione tratta dal vocabolario della lingua italiana) 

“Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.” (Citazione tratta dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: art. 2) 

“È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.” (Citazione tratta dalla Carta dei Diritti del Cittadino dell’Unione Europea: art. 21) 

“Il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Questi diritti debbono essere riconosciuti a tutti i fanciulli senza eccezione alcuna, e senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione o opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, o ogni altra condizione, sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.” (Citazione tratta dalla Carta dei Diritti del Fanciullo: principio primo) 

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (Citazione tratta dalla Costituzione Italiana: art. 3)

Ogni ulteriore commento mi appare del tutto superfluo!