Quanto sto per sostenere potrebbe non apparire popolare, soprattutto in questo moneto storico in cui tutti sappiamo fare tutto, anche quando non abbiamo mai fatto nulla nella vita, ed in cui “uno vale uno”, anche se il “primo uno” ha cultura elementare e “l’altro uno” è un premio Nobel. 

Credo che si debba fare chiarezza su alcune questioni, giusto per contribuire ad evitare che si consolidino opinioni piuttosto distanti dalla logica e dal buonsenso, anche se potrebbero apparire affascinanti.

“Se capeggiassi un movimento di rivolta al sistema avrei tre-quattro milioni di voti. Non li potrò mai avere questi voti. Sono un uomo della democrazia così come è nata dopo la Liberazione, mi muovo nel quadro dei partiti. L’ansia antipartitica che sta investendo il Paese non può essere accarezzata. Il compito nostro, di noi politici, è di incanalarla, non di servirla o essere asserviti ad essa”.

La frase risale al 1974, non è mia ma di un illustre personaggio dell’antifascismo, del periodo costituente e del dopoguerra del nostro Paese, Ugo La Malfa, ma è certamente attuale, soprattutto alla luce dei repentini mutamenti di opinione di noi italiani.

Siamo capaci di mandare a monte secoli di civiltà, secoli di diritto, persino la logica più elementare, pur di non sforzarci di guardare un po’ oltre la punta del nostro naso, anzi, pur di non tentare di capire la differenza esistente tra la propaganda e la realtà, insomma, senza comprendere che le partite a scacchi non si vincono con la prima mossa, ma con l’ultima, alla quale si arriva molto faticosamente.

Anche un perfetto sprovveduto è capace di muovere un pedone, ma solo un esperto sa come andare avanti senza mettere a repentaglio il re. Eppure, persino questo banalissimo parallelo, talvolta, risulta essere di difficile comprensione, soprattutto se si parla di populismo e di propaganda e la si spaccia per informazione e per democrazia. 

La democrazia è un concetto molto complesso, ma essa non è tutto, né può esserlo. Ci sono paesi, virtualmente democratici, in cui le libertà sono molto compresse, così come ci sono paesi virtualmente molto liberi, in cui la democrazia è applicata in maniera piuttosto discutibile, subordinandolo a forme illiberali di sicurezza.

Intendo dire che democrazia e libertà devono sempre camminare insieme e ad esse deve costantemente abbinarsi il concetto di responsabilità, in assenza della quale il sistema potrebbe rischiare di crollare irrimediabilmente, o comunque potrebbe determinare condizioni di permanente instabilità, esattamente come sta accadendo in Italia, da un po’ di tempo a questa parte.

Intendo affermare che la democrazia non è tutto e lo è ancor meno la democrazia diretta, che spesso qualcuno sventola in piazza per aizzare il popolo, scatenandone gli odii e le invidie più o meno represse, ma purtroppo sempre pericolosamente latenti.

Sono un convinto sostenitore della democrazia rappresentativa e temo la democrazia diretta, quella che salvava Barabba e condannava Gesù, perché credo che “coloro i quali hanno il bisturi in mano” hanno la responsabilità di incidere e devono farlo consapevolmente, senza dover ricorrere ad un referendum ogni volta che debbano assumere una decisione. 

E poi ci sono le questioni delicate, quelle riservate, quelle che non possono essere messe in piazza, perché rischierebbero di metterci tutti in pericolo. Vi immaginate se per salvare un ostaggio si dovesse far ricorso ad un’assemblea plenaria? O se dovessimo farlo per stabilire quale sia la collocazione migliore per una batteria contraerea? 

La democrazia rappresenta un concetto tanto difficile quanto delicato perché essa non è solo il governo della maggioranza, é soprattutto il rispetto dei diritti della minoranza a cui, con responsabilità e nel rispetto della legge, va garantita la libertà e la possibilità reale di potersi alternare al governo.

Ogni volta che andiamo a votare, soprattutto noi siciliani, tanto affezionati al concetto di vittoria da sacrificare persino ciò che ogni uomo dovrebbe avere di più caro, cioè la dignità, dovremmo ben riflettere, soprattutto per riuscire ad incanalare la pur comprensibile delusione ed il doloroso disagio, accumulati nel tempo, verso il costruttivo buonsenso, non verso la cieca e distruttiva rabbia.