La parola disabile vuol dire privo di una certa abilità. Se veramente vogliamo essere coerenti con quello che diciamo quando parliamo di “diversamente abili”, e non vogliamo soltanto apparire “politicamente corretti”, dovremmo sostituire la parola disabile con la parola “DIVABILE”, cioè la forma contratta di”diversamente abile”, ovvero abile in modo differente. 

Si lo so che questa parola non esiste ancora, ma sarebbe bello poter dire di essere stati tra coloro i quali, usandola nel linguaggio comune, l’hanno ideata e l’hanno riempita di significato concreto, rendendo le persone “DIVABILI” veramente libere di poter vivere in una società che li aiuta ad esserlo e a rimanerlo sempre. 

No, non si tratta solo di un neologismo o di un vezzo linguistico, si tratta invece di rendere concreto ciò che diciamo e a cui crediamo, cioè il fatto che ciascuno di noi è abile in qualcosa e non lo è in altre, dunque nel fatto che tutti noi, in qualche modo, siamo “DIVABILI” anche se qualche volta non c’è ne ricordiamo. 

Anche noi smemorati, per distrazione o per convenienza, siamo “DIVABILI”!

Non so se questa campagna di sensibilizzazione verbale avrà successo, d’altra parte non è certo la cosa più importante di cui dovremmo occuparci. Per questo sarebbe già tanto se riuscissimo a convincere chi di dovere a spendere qualche euro per dare un senso alle parole “pari opportunità” nei confronti di chi vive una condizione di difficoltà ma ha gli stessi diritti di tutti.