Lo stile barocco catanese del Palazzo della Cultura accoglierà, fino al 2 giugno, più di cento opere di due tra gli artisti più discussi degli ultimi cinquant’anni: iconici, sovversivi, rivoluzionari. Da una parte Andy Wharol, artista a tutto tondo, che si conferma tra gli esponenti più noti della Pop art; dall’altra Banksy che, con i suoi graffiti, ha ricoperto le strade di tutto il mondo con messaggi socialmente impegnati, rimanendo comunque nell’anonimato. Le opere dei due, poste spesso l’una di fronte all’altra nel percorso organizzato della mostra, dialogano con loro e propongono al visitatore una chiave di lettura differente sul mondo contemporaneo.

Le opere di Andy Wharol, presenti nell’esposizione, sottolineano la capacità dell’artista americano di “brandizzare” qualsiasi soggetto da lui raffigurato, utilizzando la tecnica serigrafica che ne permette inoltre la riproduzione in serie. Wharol, dunque, fa scuola e diviene un antesignano dei più moderni copywriter e grafici pubblicitari. Tutto ciò che apparteneva alla cultura di massa non poteva dunque non essere riutilizzato da Andy Wharol per le sue opere: dalla famosa Campbell’s Soup Cans, ai ritratti di Marylin Monroe, Mao Zedong o Mick Jagger, fino alle comunissime banconote messe in discussione dallo stesso Wharol, il quale ha dimostrato come con una sua firma apportata in esse ne modifichi immediatamente e drasticamente il valore. L’artista contemporaneo, per Wharol, perde quella sua aurea di autenticità – come già spiegato egregiamente dal filosofo Walter Benjamin nel saggio dal titolo “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” – e diviene piuttosto un artista-macchina che riproduce all’infinito le immagini già veicolate e consumate dall’uomo moderno. Andy Wharol inoltre è sempre stato affascinato da tutti gli ambiti della comunicazione, e si appassiona al cinema girando dei film che si potrebbero definire come dei quadri in movimento, riprendendo con la 16mm delle azioni comunissime, come mangiare, dormire o baciarsi, che durano ore. Egli inoltre stringe numerosi legami professionali con i cantanti e musicisti più in voga del tempo, ideando per loro le copertine degli LP: memorabile è il disco dei The Velvet Underground in cui è raffigurata una banana stilizzata, o l’audace copertina dei Rolling Stones che presenta il primo piano del bacino di un modello che indossa dei jeans, con la zona genitale provocatoriamente rigonfiata, sulla quale inoltre è stata applicata una vera zip da poter abbassare.

Non solo la passione per la musica e per il cinema accomuna Banksy a Wharol, ma anche le scelte artistiche: il writer inglese infatti è solito, come Wharol, rielaborare le immagini di massa. Banksy però, grazie a combinazioni satiriche e spesso grottesche, riesce inoltre a restituire al pubblico un messaggio di critica sociale. Il più delle volte ad essere additato è proprio il capitalismo (ed il consumismo) che si fonda su aberranti contraddizioni, e che allarga il divario tra chi detiene il potere e chi ne è invece assoggettato.  La forza artistica dei suoi stencil è quella di riuscire a comunicare in maniera diretta i drammi della società odierna.

La scelta di utilizzare i muri cittadini come tele per le sue opere, inoltre, ridona all’arte la sua vera funzione: quella di interloquire con chiunque, senza ingabbiare il messaggio artistico tra le stanze di un museo, riducendolo così a mero esercizio critico per intellettuali. A tal proposito, famose sono inoltre le incursioni, sotto false vesti, fatte proprio da Banksy nei vari musei dove, l’artista inglese è solito appendere, al fianco delle più note opere d’arte, i suoi quadri.
L’esposizione di Banksy e Wharol, curata da Sabina de Gregori e Giuseppe Stagnitta, e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Catania, sorprende stanza dopo stanza, quadro dopo quadro: riscrive i dettami canonici dell’arte e stupisce incessantemente il visitatore.

Ilenia Giambirtone