Una simpatica signora di Trapani ha tentato di prenotare un’importante visita specialistica all’ospedale Cervello di Palermo. 

Dopo aver chiamato più volte ed atteso che qualcuno le rispondesse, ha sentito, più o meno, il seguente messaggio: “la segreteria telefonica è satura, riprovi.” 

La signora ha riprovato per circa 10 giorni di seguito, ma senza fortuna, dato che ha continuato a sentire lo stesso messaggio fino ad averlo imparato a memoria. 

Evidentemente la colpa è della signora, che ha deciso di ammalarsi in un periodo “affollato” anche perché, per quello che leggo, la sanità siciliana, salvo qualche scandalo di routine, è organizzata benissimo. O no? 

La verità è che la gestione della sanità non deve essere affrontata con spirito appropriativo ma con generosità e spirito di servizio: un dettaglio a cui pochi dei suoi amministratori pensano nel momento in cui incassano i loro lauti stipendi. 

Quando svolgevo le funzioni di Garante dei diritti dei detenuti visitavo carceri, carcerieri e carcerati, non stavo dietro una scrivania a copiare statistiche predisposte da altri, come fanno i burocrati sanitari siciliani. 

Ogni volta che uscivo da una cella, dove avevo raccolto sofferenza, richieste di perdono, rabbia, rassegnazione, speranza, usavo una frase che in altri contesti avrebbe avuto il sapore di una sfida. 

Con il sorriso sulle labbra, dicevo “vi aspetto fuori”, che di solito è un invito a fare a cazzotti, come sarebbe accaduto, al contrario, se avessi salutato qualcuno dei dirigenti della sanità siciliana. 

Lì invece, nelle carceri, in quel contesto, era un augurio sincero rivolto a chi aveva il dovere di scontare una pena ed il diritto di farlo dignitosamente, sperando in un futuro migliore.