di Vito  Pirrone

Il Consiglio dei Ministri del 4 agosto 2022 ha approvato il  decreto legislativo di attuazione della legge delega di riforma del processo penale;  il testo tende a rafforzare il rispetto dei principi costituzionali con una ragionevole durata del processo, così da raggiungere l’obiettivo, stabilito con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di ridurre la durata media dei processi penali del 25% entro il 2026. 

Le modifiche significative riguardano l’intervento  sull’intero percorso processuale, dalle indagini preliminari, al dibattimento, ai riti alternativi, all’esecuzione penale. 

E’ prevista l’implementazione del processo penale telematico: più digitalizzazione e uso delle tecnologiche informatiche, notificazioni per via telematica e trasmissione dei fascicoli tra gli uffici giudiziari in forma digitale per ridurre i c.d. tempi di attraversamento tra le fasi processuali, che talora richiedono mesi o anni.

E’ contemplato, altresì, la rimodulazione dei termini di durata massima delle indagini preliminari, con l’introduzione di un meccanismo di discovery degli atti, nella salvaguardia del segreto investigativo, per evitare la stasi del fascicolo, nell’interesse di indagati e vittime e la  valorizzazione della funzione deflattiva dei riti alternativi (patteggiamento, giudizio abbreviato, decreto penale di condanna, giudizio immediato), con la possibilità, di estendere il patteggiamento alla confisca facoltativa e alle pene accessorie.

L’udienza preliminare sarà adottata per i reati più gravi; nonchè è introdotta  un’udienza per i reati meno gravi, con citazione diretta a giudizio, sempre allo scopo di filtrare i procedimenti. 

Il ricorso in appello è ritenuto  inammissibile, in caso di mancanza di specificità dei motivi.

Sono ritenute inappellabili le sentenze di condanna al lavoro di pubblica utilità, che può essere applicato in sostituzione di pene detentive inflitte fino a tre anni. 

Sul sistema sanzionatorio, gli interventi rispondono ad una duplice finalità: diversificare e rendere più effettive le pene, incentivare la definizione anticipata del procedimento.

Il decreto contempla una  riforma organica elle pene sostitutive delle sanzioni detentive brevi, prevedendo i c.d. “liberi sospesi”; migliaia di condannati a pene inferiori ai 4 anni che hanno già accesso alle misure alternative al carcere, ma che solo dopo anni scontano la pena disposta dai Tribunali di sorveglianza.  

Per rendere effettive e tempestive le condanne, sarà il giudice di cognizione, all’esito di un’udienza di sentencing, sul modello anglosassone, ad applicare subito le nuove pene sostitutive delle cd.sanzioni detentive brevi (pena pecuniaria, lavoro di pubblica utilità, detenzione domiciliare e semilibertà). Le pene sostitutive non si applicano ai reati di criminalità organizzata e ai reati dell’articolo 4 bis   dell’ordinamento penitenziario. Si amplia l’ambito di applicazione della sospensione del procedimento con “messa alla prova”, come indicato dalla legge delega, ad un insieme circoscritto di reati puniti con pena non superiore a sei anni. 

Per quanto riguarda l’istituto della particolare tenuità del fatto si va in una triplice direzione: estensione dell’ambito di applicabilità ai reati con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni; attribuzione di rilievo alla condotta susseguente al reato; esclusione dall’applicazione ad alcuni reati, tra cui la violenza sessuale, lo stalking e tutti i reati di violenza contro le donne e di violenza domestica riconducibili alla Convenzione di Istanbul; i reati in materia di stupefacenti, la corruzione e i più gravi reati contro la pubblica amministrazione, l’incendio boschivo. Sarà il giudice a valutare, in concreto, l’eventuale tenuità del fatto, senza alcun automatismo.

Per la prima volta, sulla base della normativa europea e   internazionale, si introduce il principio della  giustizia ripartiva. 

Meno carcere, con più certezze, per Marta Cartabia. sulla base della normativa europea e internazionale.

Una riforma, come ricordano a via Arenula,  fondamentale  per incassare i 21 miliardi del Pnrr.

Sarà l’ennesima battaglia di Marta Cartabia sulla giustizia. Un testo  in cui si occupa di tutto, dalla digitalizzazione alle notifiche degli atti, dalla giustizia riparativa all’effettiva riscossione delle pene pecuniarie, dalle nuove regole per le indagini preliminari alle pene sostitutive per le condanne fino a 4 anni, al diritto all’oblio per chi è assolto.

 E ancora, la riscossione delle pene pecuniarie, i cui arretrati, ad esempio, nel 2019 erano di ben 2.017.374.589, una somma che, sottolinea via Arenula, “come ordine di grandezza, è prossima all’ammontare dei fondi del Pnrr destinati alla giustizia”.          E infine, il capitolo della “giustizia riparativa”, una realtà, “che oggi si sta facendo sempre più strada a livello internazionale e che si affianca, senza sostituirsi, al processo e all’esecuzione penale”. “Un programma  che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità, di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore”.

Per il condannato che chiede al giudice di sorveglianza una misura alternativa al carcere tra semilibertà, detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale. Cartabia propone un’udienza di “sentencing” in cui il giudice valuta subito assieme alla difesa, e con gli esperti dell’ufficio per l’esecuzione penale esterna di via Arenula, come sostituire la pena detentiva con una nuova pena sostitutiva.