Questo articolo è dedicato ai leoni da tastiera, sia a quelli che lo sono sapendo di esserlo, sia a quelli che lo sono pur credendo di non esserlo. Potenzialmente è dedicato anche a me. I post e gli articoli oltre ad essere scritti devono pure essere letti e per leggerli bisogna liberare la propria mente, anche solo per qualche attimo, da qualsiasi pregiudizio, altrimenti risulta difficile comprenderli e comprendersi. 

I leoni da tastiera scrivono e si leggono, ma difficilmente leggono, se lo facessero, e avessero appena un pizzico di buonsenso, si renderebbero conto che alcune delle tesi che sostengono, magari per sentito dire o magari perché hanno abboccato all’amo di qualche “produttore di bufale seriali”, sono assolutamente campate in aria. 

Sono convinto che sulla “disinformatia” si potrebbe e si dovrebbe fare di più nell’interesse della civiltà, dell’equilibrio mentale dei suoi componenti, ma soprattutto nell’interesse di quanti, e non sono pochi, non hanno alcuno strumento per difendersi da un modello di comunicazione che punta a impaurire, o punta a stimolare invidia sociale, dunque reazioni spesso immotivate, ma utili a chi si nutre proprio di questo genere di sollecitazioni. 

I leoni da tastiera che non sanno leggere “ / Questo articolo è dedicato ai leoni da tastiera, sia a quelli che lo sono sapendo di esserlo, sia a quelli che lo sono pur credendo di non esserlo. 

Potenzialmente è dedicato anche a me. I post e gli articoli oltre ad essere scritti devono pure essere letti e per leggerli bisogna liberare la propria mente, anche solo per qualche attimo, da qualsiasi pregiudizio, altrimenti risulta difficile comprenderli e comprendersi. 

I leoni da tastiera scrivono e si leggono, ma difficilmente leggono, se lo facessero, e avessero appena un pizzico di buonsenso, si renderebbero conto che alcune delle tesi che sostengono, magari per sentito dire o magari perché hanno abboccato all’amo di qualche “produttore di bufale seriali”, sono assolutamente campate in aria. 

Sono convinto che sulla “disinformatia” si potrebbe e si dovrebbe fare di più nell’interesse della civiltà, dell’equilibrio mentale dei suoi componenti, ma soprattutto nell’interesse di quanti, e non sono pochi, non hanno alcuno strumento per difendersi da un modello di comunicazione che punta a impaurire, o punta a stimolare invidia sociale, dunque reazioni spesso immotivate, ma utili a chi si nutre proprio di questo genere di sollecitazioni.