Ad oggi le vittime di femminicidio in Italia sono circa un’ottantina, una cifra enorme, che purtroppo non accenna a fermarsi. Di fronte a tragedie di questo genere appare evidente l’inadeguatezza dello Stato e la sua incapacità a mettere in campo sia misure di carattere preventivo, ad esempio a scuola, sulla base di appositi programmi educativi e rieducativi, sia di carattere repressivo, attraverso interventi in grado di impedire la commissione di delitti, che in gran parte sono annunciati e prevedibili. Molte donne non denunciano per paura, per non mettere in difficoltà i figli, perché non si fidano della capacità dello Stato di aiutarle a difendersi, perché le ordinanze che impongono il distanziamento o l’uso del braccialetto elettronico non servono quasi a nulla. A Catania l’Associazione Ìùs Agathae ed altre simili fanno il possibile, ma il volontariato civile e l’assistenza non bastano, soprattutto se lo Stato non fa la sua parte. In alcuni casi serve allontanare, bloccare e rieducare i violenti, attraverso il carcere o le comunità. In altri bisogna allontanare e proteggere le loro vittime, magari trasferendole in luoghi sicuri in cui poter ricostruire una vita dignitosa. Resta il fatto che le donne continuano ad essere uccise, i ragazzini continuano ad essere bullizzati ed al massimo c’è qualcuno che pensa soltanto a come utilizzare in maniera speculativa quest’ennesimo dramma della nostra società.