Quando andavo a scuola, noi studenti indossavamo il grembiule. Nel mio caso era bianco con il fiocco azzurro ed il colletto bianco in prima e seconda elementare, ed era nero con il fiocco azzurro e il colletto bianco in terza, quarta e quinta.

Qualcuno degli alunni, poi, se voleva, ci cuciva addosso una sorta di scudetto con l’indicazione della classe e il tricolore. 

In quanto al rendimento, c’era chi andava bene, chi un po’ meno, chi aveva voglia di studiare, chi pensava a giocare, ma tutti venivamo valutati per quello che riuscivamo a dimostrare di aver imparato e tutti venivamo trattati allo stesso modo. 

A nessuno di noi veniva in mente che qualcun venisse da famiglie borghesi mentre altri venissero da famiglie operaie, perché sotto quel grembiule eravamo tutti uguali. 

A quel tempo, se l’insegnante notava che qualcosa non andava bene si preoccupava di informare immediatamente i genitori con le famose note sul diario. 

Quando si trattava di difficoltà di apprendimento si conveniva un piano di studio integrativo, quando si trattava di svogliatezza i rimproveri e gli scappellotti erano assicurati. 

In ogni caso, i genitori ringraziavano gli insegnanti per la pazienza mostrata e si scusavano per il nostro comportamento. 

A quel tempo non esisteva il “diritto al buon esito della carriera scolastica”, a quel tempo se studiavi andavi avanti, altrimenti ti fermavi per recuperare. 

Credo che la scuola, dopo il ‘68, abbia confuso il diritto a poter studiare con profitto con il diritto ad essere promosso a prescindere dal profitto. 

Si è trattato di un grosso errore che ha deresponsabilizzato la scuola, ha illuso gli studenti ed ha prodotto tanti frustrati i quali, pur essendo in possesso di un diploma o di una laurea, ma non avendone acquisito il relativo contenuto culturale, non sono stati bocciati da una scuola vigliacca. Cioè da una scuola che non ha voluto assumersi la responsabilità di selezionare e valutare correttamente, ma sono stati bocciati da una società impietosa e fortemente selettiva, a causa di una politica che, invece di permettere ai più deboli di colmare le loro lacune, li ha lasciati nelle mani del mercato e di una scuola incapace di reagire.