Spesso i cittadini vengono attratti dalle “azioni forti” e cadono nelle trappole di chi spacca le vetrine cantando “Bella ciao” e di chi le spacca cantando “Faccetta nera”: si tratta di gente che non riesce a capire che il passato non ritorna, ma rischia di pregiudicare il futuro.
Soprattutto dalla fine degli anni ‘60 ed oggi, insultarsi a suon di “zecche rosse” o “camice nere”, a suon di “fascisti carogne tornate nelle fogne” o di “bastardo comunista sei il primo della lista”, suscitava un certo richiamo identitario nelle rispettive tifoserie di destra e di sinistra, oggi non credo che sia più così.
Non credo che lo sia perché i social hanno in parte sostituito le strade e le piazze d’Italia, non lo credo perché sia la sinistra, per tantissimi anni, sia la destra, da minor tempo, hanno provato l’ebrezza del governo della Nazione e dunque ne conoscono bene le difficoltà, i problemi, le contraddizioni, i compromessi.
Ma non lo sono più soprattutto perché tra i distratti e smemorati italiani sembra stia faticosamente germogliando un po’ di sana malizia, giusto quanto basta per capire che i cortei violenti in camicia nera o con le bandiere rosse non risolvono affatto i problemi del Paese, ma alimentano scontri e polemiche che sono funzionali solo a se stessi e non al bene dei cittadini.
Gli scontri come quelli di Milano, di Bologna, di Roma, ecc. durante i quali qualcuno finisce in caserma e qualcuno in ospedale, ma tutti ne pagano gli effetti in termini di danni, come gli incolpevoli commercianti, o chiunque non possa svolgere una qualsiasi attività a causa di quei disordini, non servono ad affermare, ma a negare, non servono a risolvere, ma a complicare.
Gli scontri violenti negano il buonsenso, negano, la libertà, negano le soluzioni possibili, negano un confronto civile e democratico e costano.
Gli scontri violenti costano in termini di danni, in termini di mobilitazione delle forze dell’ordine, in termini di certificati penali, in termini di salute, e francamente se c’è una cosa che oggi la Nazione non si può permettere sono proprio i costi di questioni che si potrebbero risolvere in decine di altri modi, pacifici, logici, legali, efficaci e democratici.
Intendo dire che certi cortei, certi slogan, certe violenze non servono più né a chi governa oggi, che farebbe bene a prenderne immediatamente le distanze, né a chi vorrebbe governare domani, dato che il suo rivendicato primato morale è caduto sin dai tempi di Primo Greganti e dello scandalo Palamara.
Cari amici di destra e di sinistra, i cittadini hanno capito che gli slogan e le manganellate non ci procurano una sanità migliore, una scuola migliore o qualche nuova autostrada, non ci procurano né nuovi posti di lavoro, né una burocrazia efficiente, né città più pulite e vivibili, ma ci procurano solo disordine, insicurezza, illegalità e tante inutili polemiche prive di qualsiasi costrutto logico.
Una vera rivoluzione civile sarebbe quella di riuscire a mettere attorno ad un tavolo i leader dei vari partiti e dei vari sindacati di destra e di sinistra facendo in modo che, tutti insieme, riescano a stabilire regole pacifiche e democratiche per affermare le proprie idee senza sfasciare le vetrine o caricare la polizia, di rivendicare i propri diritti senza prevaricare i diritti degli altri, di confrontarsi usando il buonsenso, che produce soluzioni praticabili, non certo la violenza che produce costi e danni.
Le risse di destra e di sinistra, ormai, non producono né consenso elettorale, né richiamo a presunte identità politiche e non solo perché la Sinistra di oggi non è più quella della Resistenza e la Destra di oggi non è più quella di Pazza Venezia, non solo perché i cittadini, ancorché distratti e smemorati, non sono certamente idioti, ma perché gli scontri di piazza servono solo a distrarre l’opinione pubblica e ad alimentare se stessi.
Ecco, se proprio dovessi coniare uno slogan per il futuro direi: meno risse pseudo politiche per le strade, meno vetrine sfasciate e manganellate e più scuole, sanità, giustizia e infrastrutture per tutti gli italiani.