Non è certo una novità e peraltro nessuno lo ha mai negato. Adesso, però, ci sono pure le cifre ufficiali che confermano una condizione che genera malessere, diseguaglianze ma anche tanta clientela.

I dati ai quali si faceva riferimento sono tanto gravi quanto inconfutabili: in Sicilia, purtroppo, il miglior sistema sanitario pubblico si chiama ancora Alitalia. Per essere meno ironici e più concreti, l’inadeguata organizzazione della sanità nella nostra regione, fatte salve alcune importanti professionalità, presenta un saldo negativo pari a circa 237 milioni di euro, una somma enorme. 

La tendenza, milione più, milione meno, come vedremo più in dettaglio, è identica in tutto il Mezzogiorno d’Italia, che continua ad esportare malati, impoverendo se stesso ed arricchendo le più virtuose regioni del Nord dove, ad esempio in Lombardia, si registra un saldo positivo pari a ben 781 milioni circa.

Si tratta di un esempio, gravemente negativo, di una pessima amministrazione della cosa pubblica, per il quale non possiamo prendercela con nessuno, se non con noi stessi, anche perché, nel caso in specie, non si tratta di carenza di professionalità degli operatori del settore (medici, tecnici e paramedici) ma, al netto della buona volontà della politica, di inadeguatezza delle strutture e delle attrezzature, oltre che nell’organizzazione, nel senso più letterale del termine. 

Il colmo, infatti, è che parecchi professionisti formatisi nella nostra regione, proprio per questa scarsa propensione alla sana gestione del settore, si spostano dal pubblico al privato, molto più dinamico, o si trasferiscono in altre regioni, evidentemente meglio gestite, almeno in questo delicatissimo ambito.

Secondo uno studio, recentemente pubblicato su “Il Sole 24 ore”, il flusso di pazienti, dunque anche di risorse, ha una direzione ben precisa: na da sud a nord. 

L’88% circa del saldo attivo, vale a dire prodotto dalle regioni che ricevono utenti, va ad alimentare le casse della Lombardia, dell’Emilia Romagna e del Veneto, mentre il 77% circa di quello passivo, vale a dire quello delle regioni che esportano ammalati, pesa sulla Puglia, Sulla Sicilia, sul Lazio, sulla Calabria e sulla Campania. 

Si tratta di un tristissimo quadro che racchiude sfaccettature fisiologiche, ma anche patologiche, imputabili alle liste d’attesa o alla scarsa qualità dell’assistenza nelle regioni di partenza, da cui riesce a “fuggire” per curarsi solo chi può permetterselo, creando una ulteriore insopportabile sperequazione sociale.

Sei Regioni vantano crediti superiori a 200 milioni di euro (mobilità attiva): in testa ci sono la Lombardia, con il 25,5% e l’Emilia Romagna, con il 12,6%, che insieme contribuiscono ad oltre 1/3 della mobilità attiva. 

Una quota ulteriore, pari al 29,2%, viene attratto dal Veneto, con l’8,6%, dal Lazio, con il 7,8%, dalla Toscana, con il 7,5% e dal Piemonte, con il 5,2%. Il rimanente 32,7% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 15 Regioni, oltre che all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, con 217,4 milioni di euro e all’Associazione dei Cavalieri di Malta con 39,7 milioni. 

Le sei Regioni con maggiore indice di fuga, intesa come mobilità passiva, generano debiti per oltre 300 milioni: in testa c’è il Lazio con il 13,2% e la Campania con il  10,3%, che insieme contribuiscono a circa 1/4 della mobilità passiva. 

Un ulteriore 28,5% riguarda la Lombardia, con il 7,9%, la Puglia con il 7,4%, la Calabria con il 6,7%, la Sicilia con il 6,5%. 

Il restante 48% si distribuisce nelle altre 15 Regioni. Le differenze Nord-Sud risultano più sfumate quando si guarda al passivo: gli indici di trasferimento, alti in quasi tutte le Regioni del Sud, sono rilevanti anche al Nord grazie alla facilità di spostamento dei cittadini, sicuramente più favoriti persino in questo. 

In Lombardia si arriva a -362,3 milioni di euro, in Piemonte a -284,9 milioni, in Emilia Romagna a -276 milioni, in Veneto a -256,6 milioni e in Toscana a -205,3 milioni.

Le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte del Nord, quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni, sono tutte del Centro-Sud. In particolare: in Lombardia il saldo è pari a 784,1 milioni, in Emilia Romagna raggiunge i 307,5 milioni, in Veneto siamo a quota 143,1 milioni e in Toscana a 139,3 milioni. 

I saldi negativi più rilevanti sono in Puglia con -201,3 milioni di euro, in Sicilia con -236,9 milioni, nel Lazio con -239,4 milioni, in Calabria con -281,1 milioni ed in Campania con -318 milioni.

Quello descritto è un quadro che racchiude sfaccettature fisiologiche, ma anche patologiche, imputabili alle liste d’attesa o alla scarsa qualità dell’assistenza nelle Regioni di partenza da cui, per curarsi, riesce a “fuggire” solo chi può permetterselo.

Superare una situazione del genere non sarà facile, ma una cosa è certa: per impedire questa ulteriore ingiustizia sociale ai anni del Mezzogiorno non bastano né la buona volontà, né le forti dosi di retorica, di cui si legge in ogni occasione. Speriamo bene!