di Vito Pirrone
Tutto quello che sta accadendo nella magistratura dimostra che siamo di fronte ad una situazione anomala che sta cambiando gli equilibri istituzionali e politici nel nostro Paese.
Dal 1992-94 la “magistratura associata” ha conquistato il potere reale , annientando i partiti e mettendo in soggezione anche i grandi gruppi economico-finanziari. Il potere della magistratura è cresciuto a dismisura , condizionando il potere politico. Uno dei tre poteri dello Stato, ossia quello giudiziario, diversamente da quello legislativo e da quello esecutivo, non risponde del proprio operato, con la conseguenza che si è creato un potere che sovrasta gli altri due, diversamente da quanto previsto nella Costituzione, e crea uno squilibrio tra gli assetti democratici.
La fiducia degli italiani nella magistratura è passata dal 68 al 39 per cento; quasi un italiano su due dichiara di non avere fiducia nella magistratura. È quanto emerge dal sondaggio pubblicato sul Corriere della sera. In 11 anni sono state ristrette in carcere 11.000 persone innocenti, e a tale degenerazione hanno fatto seguito solo otto condanne per responsabilità civile.
E’ necessario ed urgente intervenire per una riforma del sistema giudiziario. Un momento importante è costituito dai referendum , che i Radicali stanno proponendo: è opportuno costituire larghe forme di aggregazione per raccogliere un vasto consenso.
Riformare la giustizia significa rimettere il potere giudiziario in equilibrio con le altre istituzioni democratiche e con le funzioni che gli assegna la Costituzione. Sono auspicabili , inoltre, interventi incisivi da parte del Parlamento, con una riforma strutturale dell’ordinamento giudiziario, iniziando con la separazione delle carriere, la riforma del C.S.M., nonché la riduzione dei tempi delle varie fasi del processo, con l’adozione di strumenti deflattivi ed una revisione del regime della prescrizione .
Il ministro Cartabia ha segnalato ai capigruppo della maggioranza di governo, in Commissione giustizia, la necessità di uno spirito unitario affinché entro l’anno si proceda alla riforma della giustizia da cui – ha rilevato – dipende l’accesso ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sottolineando come la riforma della giustizia sia la «condizione, perché arrivino in Italia non solo i 2,7 mld del PNRR destinati alla giustizia, ma i 191 mld destinati a tutta la rinascita economica e sociale italiana ». «Entro la fine del 2021 – ha dichiarato il ministro – devono essere approvate le leggi di delegazione per la riforma del processo civile, penale e del CSM. – e proseguendo, aggiunge –“ vorrei che fosse chiara la responsabilità che abbiamo anzitutto noi esponenti del governo e rappresentanti politici in parlamento. Se non approveremo queste tre importanti leggi di delegazione entro la fine dell’anno, mancheremo a un impegno assunto con la commissione per ottenere le risorse europee, perchè la posta in gioco sono le risorse del recovery».
Nell’incontro, il ministro ha sottolineato che se ci sono due punti costituzionali di non ritorno, sono proprio quelli che attengono alle garanzie: l’articolo 27 sui diritti dell’imputato e il 111 sul diritto al giusto processo. Il ministro ha indicato alla maggioranza di governo una cornice di rigore costituzionale, ritenendo indispensabile anche un ritorno allo spirito accusatorio della riforma del processo penale del 1989, che prevedeva un ampio ricorso ai riti alternativi al processo.
«La giustizia non può essere più solo la spada recata in mano dalla dea bendata, privilegiamo lo sguardo sulla bilancia e cerchiamo soluzioni bilanciate con adeguato contemperamento degli interessi di tutti»: con questa metafora, la Cartabia ha concluso l’illustrazione delle sue linee programmatiche davanti alla Commissione Giustizia. Ed ha aggiunto: «ce la faremo se saremo sostenuti dalla stessa convinzione che in altra epoca, non meno drammatica e divisiva della nostra, ha sostenuto i padri costituenti e fondatori del grande progetto europeo». L’obiettivo, per il ministro, è quello di arrivare a «soluzioni condivise» sulle riforme in materia di giustizia, precisando che : « Il tema andrà affrontato tempestivamente». « Il faro rimane sempre la Costituzione, che chiede processi giusti e brevi». Il Guardasigilli ha pressato il Parlamento anche in relazione ai richiami della Consulta : «Tanti richiami della Corte Costituzionale non arrivano abbastanza al legislatore. La Corte resterebbe nel suo specifico se potesse contare sulla risposta pronta del Parlamento», con ciò criticando l’immobilismo delle Camere.