La richiesta di revisione del processo a Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la “strage di Erba”, va molto oltre un qualsiasi caso di presunto errore giudiziario perché coinvolge un intero sistema che, ancora una volta, presenta più di una falla. Le ragioni addotte dal Procuratore della Repubblica nella sua istanza, infatti, rimettono sul tappeto una serie di questioni particolarmente sensibili ed altrettanto care ai giustizialisti ed ai securitari che siedono in Parlamento, e che chiamano in causa anche il mondo dell’informazione, sempre più incline a fornire rappresentazioni teatrali degli episodi criminali di maggiore rilevanza, puntando sulle emozioni, ma anche sulle illazioni e sui sillogismi a suon di condizionali. Se è vero che le confessioni dei due coniugi di Erba sono state estorte nel corso di procedure scorrette, violente e illegali, vale a dire in aperta violazione di qualsiasi norma e di qualsiasi procedura, la riapertura del processo a Rosa e Olindo deve avvenire contemporaneamente all’apertura di un processo nei confronti di chi ha condotto gli interrogatori e le indagini e pure di chi ha gestito il processo, trascurando prove determinanti, e questo con buona pace sia dei giustizialisti, sia dei securitari. Lo Stato è forte non quando si auto assolve, forzando o eludendo la legge, ma quando ha il coraggio e la determinazioni di condannarsi, ove fosse colpevole, altrimenti i “casi Cucchi” sbocceranno come i fiori in primavera, mentre la giustizia, la democrazia e la legalità appassiranno pericolosamente.