La pandemia scatenatesi in tutto il mondo ha lasciato una scia di privazioni, di dolore e di morte, sia in Europa, sia in Italia e sta facendo emergere l’inadeguatezza di logiche sovraniste, rispetto a problematiche che assumono valenza globale, e come tali vanno affrontate e risolte, attraverso formule nuove di collaborazione istituzionali, da realizzare sia sul piano organizzativo sia su quello politico e strutturale. 

Alla luce di quanto sta accadendo e della incapacità dei singoli stati di affrontare e risolvere individualmente problemi del genere, si impone un profondo ripensamento di istituzioni come l’Unione europea, che non può restare a metà del guado, manifestando notevoli criticità in tutto quello che vada oltre le questioni legate alle disposizioni sulla concorrenza, peraltro fortemente condizionate da interessi di natura lobbistica, e la politica monetaria, con tutto ciò che vi si lega. 

Se il Vecchio continente non vuole essere travolto dai tempi e dalle questioni a ciò connessi, se non vuole precipitare nel vuoto funzionale, se non vuole apparire inadeguato ad affrontare fatti che vadano al di là del calcolo dello spread o della lunghezza del gambo dei carciofi, deve decidere se preferisce essere solo uno strumento finanziario oppure diventare regolatore generale di comportamenti giudiziari, sanitari, di difesa, ecc.

Nel contesto di un auspicato recupero e rinnovamento dei propri valori fondanti, quelli voluti da De Gasperi, Schuman, Monnet, Adenauer, Spaak, Spinelli, ecc. l’Unione Europea deve stabilire se vuole schierarsi al fianco dei popoli o delle multinazionali, dell’economia speculativa o di quella reale, dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo o delle esigenze del Web e dei suoi invadenti gestori.

E poi c’è il tema della sua collocazione geopolitica, dei rapporti con l’Africa, con l’Asia, con le grandi potenze economiche e con i possessori delle più importati fonti energetiche.  

In questo quadro, anche la Sicilia deve decidere cosa essere e cosa fare: solo un mercato di consumo, un grande “buen  retiro”, subalterno agli andamenti economici globali, un “pensionificio” assistito, oppure un grande centro propulsore di sviluppo, di produzione, di servizi e di cultura? Vedremo.