L’occasione delle recenti elezioni europee ha permesso la ripresa di un serrato confronto politico tra i cittadini e nei partiti, anche se i toni e gli argomenti che talvolta sono stati adoperati, purtroppo, non sono stati di certo degni del Paese che ha dato i natali a De Gasperi, a Moro, a La Malfa o a Spadolini.

Tuttavia, questo è il tempo che viviamo e parlare è sempre meglio che tacere o essere costretti a farlo, come accade talvolta. 

In quanto a noi, dimenticati cittadini dell’isola di Trinacria, la campagna elettorale, ma non è una novità, non ci ha riservato nessuna sorpresa. Nessuno, infatti, ha speso una parola sul cosa fare, né sul come e sul perché si debbano compiere alcune scelte, né, infine, ci si è dedicati molto al chi. Insomma, più che di programmi si è parlato di potere.

Temo che si sia perduta un’ennesima occasione per condividere percorsi ed obiettivi, anche se qualche tentativo di spostare l’asse dell’attenzione verso i reali interessi dei cittadini, ma anche verso i metodi per far sì che essi non vengano traditi, si sta cominciando a registrare. 

Tuttavia, cercare di costruire un nuovo modello politico, legato prevalentemente agli interessi della Sicilia e del Sud, con chi non riesce ad uscire dai vecchi schemi partitocratici non è affatto facile, è necessario compiere qualche sforzo ulteriore. 

Infatti, sostenere le aspettative di noi siciliani vuol dire abbandonare le gabbie ideologiche, nelle quali siamo stati rinchiusi da decenni; le stesse grazie alle quali i partiti tradizionali, senza la necessaria resistenza che sarebbe stato opportuno determinare da parte di tutti, hanno speso altrove le risorse che dovevano servire a migliorare la situazione strutturale, infrastrutturale ed occupazionale della Regione. 

Per questo motivo, per salvare la Sicilia ed il Mezzogiorno, c’è bisogno che nasca rapidamente un movimento post-ideologico fondato sugli interessi del territorio, sulla onestà, sulla trasparenza, sulla giustizia, sul rispetto dell’ambiente, sui diritti umani e civili, sulla competenza, sull’efficienza, sul merito, sulla responsabilità, sulla tutela delle nostre risorse; un soggetto politico che sappia rispondere ai cittadini ed alle loro esigenze, non ai salotti della finanza interna ed estera.

Un soggetto capace di riaprire il tavolo della perequazione infrastrutturale e lì difendere le ragioni di chi, per crescere, ha bisogno delle strade, delle ferrovie, dei porti, delle scuole, ecc. che, fino ad oggi, gli sono stati negati, proprio usando le divisioni ideologiche, reali o strumentali.  

Noi siciliani, noi meridionali, non possiamo cadere nella trappola di chi vuole i nostri voti, ma non intende assumere alcun reale impegno concreto, per migliorare le sorti di questa straordinaria terra. 

Noi siciliani e noi del Sud dobbiamo riuscire a costruire una classe dirigente post-ideologica che, rispettando le proprie origini, adesso, sia pronta a rispondere esclusivamente alle attese del territorio, non alle gerarchie politiche nazionali. 

Basta con le deleghe in bianco, consegnate a chi le usa altrove, basta con le promesse elettorali, immediatamente tradite il giorno dopo del voto. 

Dobbiamo contribuire a formare politici onesti, capaci e coraggiosi, che rispettino gli impegni assunti e ne diano conto, costantemente, al territorio che li ha espressi. 

Non è difficile, ma non è neanche impossibile, però bisogna uscire immediatamente dal letargo, ammettere gli errori del passato, non confondere la tattica con la strategia, cercare le alleanze giuste con chi parla lo stesso linguaggio, anche nelle altre regioni, esprimersi con chiarezza, smetterla di fare i mendicanti, valorizzare le risorse di cui disponiamo, batterci per avere ciò che ci spetta. 

Per riuscire in questa complessa ma entusiasmante impresa, dobbiamo recuperare la passione, il buonsenso e la dignità, che talvolta abbiamo perduto, tornando a lottare per ciò in cui crediamo, per ciò che, il più in fretta possibile, ci porterà fuori dal guado della miseria e della povertà economica e morale.