I vertici del PD siciliano, in permanente riunione, pensano che, per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana, la presenza di una lista del tutto riconducibile all’attuale schema politico possa attenuare la loro responsabilità nei disastri provocati dai governi nei quali essi avevano delle responsabilità, soprattutto in materia di sviluppo economico, sanità, formazione professionale, bilancio, infrastrutture, Unione Europea e contenzioso con il governo centrale. 

Probabilmente pensano male, perché l’intrinseco legame esistente tra quei governi e le maggioranze che li hanno sostenuti è ben chiaro a tutti i cittadini, per nulla inclini a fornire attenuanti a chicchessia. Forse anche per questa ragione i sondaggi riguardanti il PD sembrano piuttosto pessimistici e l’individuazione di un candidato disposto a perdere è sempre più difficile.

Anche tra i Cinquestelle siciliani si nota un certo nervosismo. Probabilmente è dovuto alla notizia della possibile candidatura a Presidente della Regione, nelle file di questo partito, del magistrato Nino Di Matteo, che prenderebbe il posto dell’ex capogruppo all’ARS Giancarlo Cancelleri, da tempo in corsa per palazzo d’Orleans.  

In ogni caso, nervosismo a parte, i grillini difficilmente vinceranno le prossime elezioni. Non le vinceranno perché è questo che hanno stabilito gli altri partiti che non riescono a capire quale sia stato il messaggio “rivoluzionario” che hanno rappresentato mandando un manipolo di inesperti al governo di un comune o di una regione.

Ad ogni modo, la domanda che si pongono in tanti è: perché Cancelleri sarebbe stato “posato” dal cerchio magico pentastellato? E poi: Di Matteo, l’uomo dalle molteplici scorte, come farà a svolgere una campagna elettorale senza rischiare di essere votato da qualche sconosciuto in odore di mafia, magari con tanto di selfie strappato nella calca dei sostenitori?

Ma se non fosse Di Matteo, sarebbe forse PIF o qualche altro comico? È comunque, a Cancelleri chi glielo dice? 

La crisi dei partiti, i pericoli per la democrazia

Quando i partiti espressione di democrazia non esistono più, perché sono ridotti a sette o congreghe, sganciate dai rispettivi elettori, i leader di quel che resta di loro non riescono né a comprendere, né ad interpretare le esigenze dei cittadini e men che meno si rendono conto di ciò che essi si attendono dalla politica. In questi casi i sondaggi non bastano, perché a rispondere sono gli uomini ma a votare sono le passioni.

Quando la presunta onestà, priva di competenza, incontra la presunta competenza, priva di onestà, ci si accorge, prima o poi, che ciò che hanno in comune tra loro è solo la presunzione.

Quando non lo si è conosciuto, qualunque cosa può essere scambiata per amore, persino la violenza, ma quando lo si è conosciuto, anche se solo per poco tempo, è impossibile che qualunque altra cosa possa essere scambiata per amore.

La politica è passione, impegno, intelligenza, onestà, stile. Cercare queste qualità nell’attuale Parlamento risulta particolarmente difficile, se non impossibile. È per questo che bisogna costruire una nuova politica e nuovi soggetti in grado di interpretarne il senso. Solo andando controcorrente si può decollare, ma per farlo bisogna provare mettendoci la faccia, il cuore e qualche altra parte del corpo.