Mi rifiuto di pensare che gli italiani, i concittadini di Cicerone, Dante, Manzoni, Beccaria, Mazzini, Marconi, Fermi, Olivetti e tanti altri; gli italiani che hanno votato a favore di una legge sul divorzio e contro una modifica costituzionale pericolosa e raffazzonata; gli italiani che hanno sconfitto il fascismo e il terrorismo, gli italiani che vincono premi Nobel e conquistano il mondo con il proprio ingegno artistico, tecnologico, gastronomico, stilistico ecc. non si rendano conto che non è possibile lasciare il Paese nelle mani di un manipolo di invasati, violenti e incompetenti, che stanno impoverendo la società, condannandola alla recessione.

L’Italia non può essere la patria del rancore e dell’invidia sociale, non può essere il luogo dell’odio ma non quello del rispetto, quello della paura ma non della libertà. 

Riflettiamoci, magari senza limitarci a lamentarci per un passato in parte sbagliato, che tuttavia non possiamo cambiare, ma pensando soprattutto a non bruciare il futuro, che possiamo ancora costruire, usando logica e buonsenso. 

Ad ogni modo sono ottimista perché, correndo il rischio di apparire scontato, credo che, alla fine, un uomo di governo serio e competente non debba guardare soltanto al proprio elettorato ma a tutto lo Stato e che questo, prima o poi, accade. 

D’altronde, anche le maratone più lunghe e appassionanti della vita si possono perdere ad un metro dal traguardo.