La realizzazione del ponte sullo stretto di Messina ridurrebbe il costo dei trasporti del 58,8% rispetto a quelli attuali, allineandoli alla situazione nazionale. 

Inoltre, la realizzazione di una simile straordinaria struttura provocherebbe un aumento del PIL di quasi il 7% ed un consistente aumento dell’occupazione. 

Insomma, il ponte vale circa 6 miliardi l’anno che, moltiplicati per i 9 anni che ci separano dal 2012, quando l’opera fu cancellata dal governo nazionale, comportano un danno di quasi 50 miliardi. 

Chi bloccò l’opera meriterebbe di essere incriminato per l’enorme danno sociale ed erariale causato dal minor gettito fiscale conseguente. 

Lo stesso tipo di calcolo andrebbe fatto per le strade e le autostrade, che mediamente sono circa la metà di quelle presenti al Nord, per l’alta velocità ferroviaria, che non c’è, per le ferrovie, che risalgono ai periodi antecedenti la seconda guerra mondiale e per tutte le altre infrastrutture che si sarebbero dovute realizzare in Sicilia, ma i cui fondi sono serviti per realizzarle altrove.

E che dire delle scuole? Al Sud ed in Sicilia molte continuano ad essere prive dei requisiti minimi di sicurezza e delle attrezzature necessarie a renderle dignitose e funzionali. 

Chissà per quanto tempo ancora dovremo aspettare che qualcosa cambi, chissà se noi meridionali capiremo mai che nessuno ci regalerà mai nulla. Intanto continuiamo a sopravvivere mentre altrove si brinda a champagne.