Quando si parla di scuola non sempre è chiaro quello che accade e quello che accadrà, come sarà organizzata la didattica, quali precauzioni verranno adottate per evitare il contagio da Covid o da altre patologie tipicamente giovanili, ecc. 

Il Governo ogni anno prova a fare del suo meglio, non sempre ci riesce, come nel caso dei banchi a rotelle, tuttavia non sarebbe male sapere in tempo cosa ci attende ad ogni inizio di anno scolastico. 

L’organizzazione dell’istruzione italiana è molto legata alle dinamiche lavorative, produttive, familiari e dei trasporti, saperne di più il prima possibile risulterebbe importante, non solo per gli insegnanti e gli studenti, ma per tutti.

Per restare nell’ambito dell’istruzione è bene ricordare che, in Sicilia, per la cultura, si spendono circa 54 euro l’anno pro capite, in Molise 62, in Emilia Romagna 134, in Trentino Alto Adige 130, in Lombardia 120. 

A causa del Covid il settore della cultura, nel budget delle famiglie italiane, ha subito un taglio pari a circa il 25%. 

In queste condizioni non stupiamoci se la gente non capisce quello che legge, se è sempre pronta a credere a qualsiasi cosa gli venga raccontata dai “docenti dell’università della Bufala” e viene menata per il naso da un manipolo di ignoranti in malafede, pronti a tutto pur di speculare su qualunque cosa. 

L’istruzione, la cultura, la preparazione di un popolo è direttamente proporzionale alla sua capacità di saper scegliere a chi affidare le sorti del Paese, dunque, potenziare questi settori o depotenziarli non costituisce un fatto secondario a cui prestare poca attenzione, perché potrebbe rappresentare una precisa scelta. Comprendere queste dinamiche è un dovere, altrimenti si potrebbe sbagliare.

L’offerta lavorativa ed il sistema produttivo

Tra il 2015 ed i primi mesi del 2021 il sistema produttivo italiano ha richiesto 650.000 assunzioni, soprattutto nei settori delle infrastrutture, dei trasporti, dell’agricoltura, della pesca, delle telecomunicazioni, della tecnologia, dell’assistenza. 

Potrebbe sembrare una notizia parzialmente buona, anche alla luce del fatto che, dopo il Covid, l’economia stava mostrando segni di evidente ripresa. 

Ciò che non è stata una buona notizia è il fatto che solo l’11% delle offerte di lavoro riguardavano il Sud, il 15% riguardavano il Centro mentre il 74%, ben 2/3, riguardavano il Nord. Ecco perché i nostri giovani emigrano.  

Ecco perché è necessario varare una sorta di “Piano Marshall” capace di far ripartire il sistema economico soprattutto dove è più debole l’offerta lavorativa. 

Un percorso del genere, però, non può essere fatto soltanto di buone intenzioni, serve molto di più e soprattutto servono riforme nei settori cardine: giustizia, burocrazia, scuola, formazione, opere pubbliche, ecc. Ma servono anche infrastrutture: impianti di distribuzione idrica ed energetica, reti fognarie, depuratori, strade, autostrade, ferrovie, alta velocità, porti, logistica e tutto quanto possa essere utile a favorire insediamenti produttivi. 

Gli imprenditori di oggi, giustamente, devono competere con il mercato globale e non hanno nessuna intenzione di pagare di tasca loro quando gli dovrebbe essere fornito dallo Stato, nel senso più ampio del termine. 

Lo Stato, da parte sua, non può pensare di risolvere da solo i problemi della disoccupazione e senza il necessario sostegno all’imprenditoria sana qualsiasi volenteroso tentativo si trasforma in banale assistenzialismo.