Qualche mese addietro, l’ex Ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha illustrato i criteri di ripartizione delle risorse del PNRR relativamente agli interventi che riguarderanno il Mezzogiorno. 

Ammetto che, sul momento, mi è sembrata sincera, ma tuttavia non posso che dolermi del fatto che una Ministra meridionale non si sia resa conto che aver ottenuto fondi pari al 40% del totale, vale a dire circa 6 punti in più della quota per abitanti, non significhi assolutamente nulla, dato che il rapporto perequativo lo si deve realizzare non in funzione del numero di abitanti del Nord, del Centro e del Sud, ma in funzione della media di infrastrutture presenti nei tre macro territori. 

Giusto per ricordarlo, nel Centro Nord, al momento, è presente circa il doppio delle opere infrastrutturali presenti nel Centro Sud. 

Per riportare i territori allo stesso livello ci vuole ben altro del 6%. E poi c’è un’altra trappola, della quale la Ministra ha sottovalutato il pericolo: il definanziamento delle opere nel caso in cui non venissero realizzate in cinque anni. 

Si tratta di un termine che, tenuto conto delle condizioni tecnico-burocratiche in cui versa il Mezzogiorno, in assenza di una legge speciale che ne acceleri le procedure, non sarà possibile rispettare, con il fondato rischio di perdere le somme stanziate. 

Nella stessa circostanza la Ministra ha parlato pure del ponte, ma lo ha fatto senza rispondere alla domanda di chi gli chiedeva come mai non fosse stato finanziato. 

Beh! Devo dire che il contenuto dell’intera intervista non mi ha affatto stupito. Ciò che mi stupisce è come mai i siciliani ed i meridionali in genere non abbiano ancora capito che il Mezzogiorno si salva solo se si affida ad un partito meridionalista serio e responsabile, non certo volgare e vociante. 

Un partito che elegga e controlli parlamentari meridionali, come accade agli altoatesini ed ai valdostani.