Di Ninni Cuspilici

Ad un anno dalla pandemia è necessario fare chiarezza sulla tematica dei vaccini, della loro efficacia, varietà, capacità di rispondere alle variabili, della loro produzione, somministrazione, e corsa contro il tempo ingaggiata dalla scienza, dalla ricerca, dalle politiche sanitarie a livello globale. Spero aiuterà a contrastare quei sentimenti negativi e irrazionali risvegliati spesso dal contagio, senza il supporto della conoscenza.

Come primo punto vorrei ripartire dal ruolo fondamentale della ricerca scientifica. In un anno sono state prodotte conoscenze fondamentali, forse non del tutto chiare alla popolazione, ad una velocità senza precedenti: è stato decifrato il genoma del virus SARS-CoV-2 (di seguito CoV-2), chiarito il suo meccanismo d’azione, come si propaga, come infetta l’uomo. Per la prima volta la ricerca ha messo l’umanità in grado di comprendere immediatamente una pandemia, fin dal livello molecolare, e di combatterla scientificamente.

La forza della ricerca di base dietro i vaccini

Mettendo in campo una impressionante ricchezza di strategie molecolari, sono stati ideati diversi vaccini contro la Covid-19 a tempo di record. 

Ogni passaggio della lotta a Cov-2 ha beneficiato di ricerche sviluppate quasi sempre in centri di ricerca pubblici e università. Il peso dei risultati della ricerca di base è incommensurabile, economicamente e giuridicamente.

Una varietà di strategie molecolari per i vaccini

La ricerca di conoscenza ha dunque permesso di affinare diverse strategie molecolari per i vaccini contro Cov-2. Passiamo ad esaminare alcuni vaccini in fase avanzata, in uso o pronti ad essere approvati, illustrandone la base scientifica, le principali caratteristiche e gli elementi di criticità. 

I vaccini a mRNA

Prodotto dalla Pfizer, il vaccino BioNTech è molto efficace (95-96%) se somministrato in due dosi a tre settimane di distanza. Determina l’attenuazione della malattia, la sua non trasmissibilità e, quindi, un importante abbattimento del contagio.

Il vaccino ModeRNA ha un’ideazione ed un’efficacia simili a Pfizer. La principale differenza tra i due è nell’uso di molecole lipofiliche diverse per veicolare l’mRNA nelle nostre cellule. 

Tuttavia, l’RNA è un acido nucleico estremamente fragile che ad oggi esige una stringente catena del freddo, in ogni momento dalla produzione all’inoculo. 

I vaccini a DNA basati su vettori adenovirali.

I vaccini che utilizzano vettori a DNA della famiglia degli Adenovirus, ingegnerizzati in modo da essere resi non patogeni per l’uomo (vettori adenovirali), sono più resistenti di quelli a RNA e appaiono quindi più facilmente gestibili per combattere una pandemia su scala mondiale. In questa classe, è molto promettente il russo Sputnik, che ha efficacia simile a quella dei vaccini a RNA (92%). Anche Johnson & Johnson ha sviluppato un vaccino basato su un vettore adenovirale, che ha efficacia inferiore ai tre descritti (66%), ma la raggiunge in una sola iniezione. Il vantaggio di evitare il richiamo e dimezzare le dosi necessarie per abitante è evidente. 

Vaccini basati su proteine e subunità proteiche

La possibilità di produrre grandi quantità di proteine utilizzando biotecnologie avanzate ha dato luogo alla terza classe di vaccini basata su proteine o subunità proteiche. Il più avanzato è il vaccino di Novovax, di imminente approvazione, Nella fase 3 questo vaccino ha dimostrato un’efficacia del 90%.

Su un principio un po’ diverso si basa il vaccino cubano Soberana, al cui sviluppo ha partecipato anche un giovane ricercatore italiano del CNR, Fabrizio Chiodo

Quale vaccino, l’insorgenza delle varianti e la corsa contro il tempo

Un problema impegnativo riguarda la miglior scelta possibile di un vaccino rispetto ad un altro. Al problema concorrono diversi fattori:• la limitata capacità di produzione dei vaccini; • la differente accessibilità economica dei vaccini; • infine, la scelta non può non essere guidata da considerazioni biologiche sulle varietà dei vaccini, la loro efficacia in diversi soggetti e popolazioni e, soprattutto, l’insorgenza di mutazioni di Cov-2. 

Il problema dell’equo accesso. Come nel caso del clima, anche nel caso dei vaccini c’è un comune interesse globale a garantire ovunque il miglior vaccino possibile. In un mondo globalizzato, la persistenza anche di pochi focolai di pandemia mette in pericolo tutti. 

Le varianti. 

In questa lotta globale, la comparsa di varianti di Cov-2 pone un problema acuto. I virus, come ogni organismo sottoposto a pressione selettiva – e i vaccini sono una pressione fortissima – ha un’unica strada per non estinguersi: sviluppare mutazioni che ne consentano l’adattamento.

CoV-2 sviluppa dunque mutazioni per eludere la risposta immunitaria, spesso a carico di Spike, che è la sua chiave di entrata nelle cellule dell’ospite. Alcune mutazioni consentono a Spike di legare meglio (ad esempio la variante inglese), rendendo il virus più veloce nell’infezione ed anche più patogenetico nel successivo decorso. Altre mutazioni alterano la struttura di Spike, rendendola non più riconoscibile agli anticorpi questo è il caso della variante Sud Africana

Le varianti possono inoltre essere diversamente sensibili ai vaccini. Ad esempio, gli anticorpi indotti dal vaccino Astra Zeneca non riconoscono la variante Sud-Africana di Spike, mentre Novovax sembra efficace anche contro questa variante

Rimane tuttavia limitante il problema della capacità di produzione delle dosi. 

La lotta contro la COVID-19 assume ora le caratteristiche di una competizione contro il tempo, tra la nostra capacità di produrre e somministrare vaccini e la velocità di mutazione del virus. Abbiamo ancora bisogno della conoscenza che ci permette di identificare nuove varianti e di adattare rapidamente vaccini efficaci. 

Una recente indagine ha rilevato le potenzialità anche di stabilimenti Italiani (uno per tutti, la Sclavo di Siena, ma anche altri) che potrebbero concorrere alla produzione, affrancando il nostro Paese dall’attesa delle dosi, come qualche recente dichiarazione di buon auspicio lascia presagire. 

In conclusione  una buona notizia . È stata siglata l’intesa tra Governo, Regioni e sindacati per il coinvolgimento dei medici di medicina generale nella campagna di vaccinazione anti-Covid. L’accordo è nato con l’obiettivo di accelerare la somministrazione dei vaccini che, ad oggi, procede a rilento, tra difficoltà organizzative e ritardi, da parte delle aziende farmaceutiche, nelle consegne.

Si tratta di una cornice nazionale che vede il coinvolgimento diretto dei medici di medicina generale e che poi dovrà essere coniugata a livello regionale sia in base alle fasce della popolazione da vaccinare che alla definita logistica di conservazione dei vaccini. Ogni medico avrà un approvvigionamento certo che gli garantirà di rispettare i tempi