Non me ne vogliano gli amici del PD, ma spero di non essere l’unico a essersi sorpreso del modo con cui il segretario “bruscamente” uscente sia stato sostituito, dopo avere espresso i giudizi peggiori che il partito abbia mai ricevuto. Confesso che, da un partito che si definisce “democratico” mi sarei aspettato un sistema più vicino alla “elezione” o al coinvolgimento aperto delle parti che lo compongono, nel bene o nel male. 

Ormai viviamo nell’era in cui “si corre da fermi”, immobilizzatinelle zone dal colore sempre più cupo e abituati a scegliereprodotti che si ricevono direttamente a casa per ordinazione telematica. 

Così è stato anche per il PD che avendo bisogno di un nuovo segretario, ha pensato bene di acquisirlo per chiamata diretta, dall’estero, come si fa quando si compra su Amazon.

A questo punto mi aspetto che qualcuno affermi che “così fan tutti”. Casaleggio non lo ha mai eletto nessuno, Berlusconi non si abbassa a farsi eleggere, Calenda si autoproclama, di volta in volta, Salvini crede che la democrazia sia un difetto di organizzazione e persino Cottarelli, dopo l’esperienza dell’incarico più breve del mondo, annuncia un partito nuovo che, ancora una volta, nasce dal “leader” e senza un programma.

Il punto è proprio questo: i partiti sono sempre più uguali tra di loro. Non li distingue il loro passato, avendolo archiviato o rinnegato e nemmeno la visione del futuro. Ma soprattutto sono rigorosamente “uguali” nella percezione del “presente”. Non è un caso che si ritrovino tutti a governare, senza un programma comune e guidati da chi non ha nulla in comune con loro e non si cura nemmeno di apparire, come se il governo fosse una questione “burocratica” da trattare nel chiuso degli uffici, lontano dal pubblico disturbatore.

Ma ciò che dispiace è la pretesa che quello sia “il solo modo di fare politica”.

No grazie.