DANIELA PALANO 

Ginecologo

Le donne, il loro mondo, la loro vita, la loro salute sono indicatori del benessere della società nel suo complesso.

Si può capire meglio questo approccio se si considera che la disuguaglianza di genere specchia ancora oggi tutte le altre disuguaglianze, discriminazioni e oppressioni.

A livello mondiale, l’ONU stima che almeno una donna su tre sia stata picchiata o abusata sessualmente e che una su quattro sia stata vittima di una forma di violenza durante la gravidanza.

La violenza commessa nell’ambito domestico da parte del partner o di un conoscente rappresenta l’evento più frequente, ma esistono altre forme di violenza quali le mutilazioni genitali, gli aborti selettivi e gli stupri etnici.

L’OMS “ha cominciato a lanciare l’allarme sulla violenza contro le donne (Violence against Women) come fattore etiologico e di rischio di una serie di patologie di rilevanza per la popolazione femminile. In particolare sono stati condotti studi oltre che sulle patologie ginecologiche anche sulle patologie gastroenteriche, sulle patologie mentali ed in particolare sulla depressione, sui disturbi alimentari (anoressia, bulimia), sui disturbi d’ansia”.

Fino ad oggi, nelle istituzioni e nell’ambito sanitario, il silenzio ha, quasi sempre, circondato la violenza sulle donne; per le vittime di violenza non è stato e non è tuttora facile tradurre la loro sofferenza anche in parole esplicite. Ma il corpo “parla” anche se la vittima non riesce a farlo e il suo corpo può dirci la sua storia, anche se la sua voce non ha ancora saputo farlo.

Il corpo di una vittima di violenza può “parlare” attraverso una aumentata richiesta di visite sanitarie, spesso per dolori pelvici ingravescenti o ricorrenti, perinfezioni genitali ripetute, per malattie sessualmente trasmesse (gonorrea, sifilide, HIV) per gravidanze indesiderate e richieste di interruzioni di gravidanza.

Nell’immediato si possono riscontrare lesioni fisiche genitali ed extragenitali, ecchimosi ed escoriazioni fino a lesioni di organi interni, traumi ed esiti letali, per poi instaurarsi sequele a distanza .

In campo ginecologico, a questo proposito, l’argomento di più largo interesse è il dolore pelvico cronico, che ovvero riferito a una parte del corpo simbolicamente correlata all’identità e alla sessualità femminile, puòessere interpretato come una ripetizione psicologica del trauma di abusi sessuali.

Il ginecologo rappresenta senza dubbio la figura sanitaria che più di tutti è chiamata in causa; il suo lavoro è dedicato alle donne, alla salute delle pazienti nelle sue tante sfaccettature, ai loro silenzi, alle cose non dette, alle domande non poste di cui siamo spesso testimoni impotenti.

Come Sanitari abbiamo certo una grande responsabilità nella prima accoglienza, ma anche nel collaborare a fare emergere il sommerso, attraverso lo sviluppo di competenze e l’acquisizione di responsabilità.

Sta dunque anche a noi adoperarsi perché la violenza cessi di essere “invisibile”, come qualcosa che appartiene solo alla sfera privata e divenga un grande problema di salute pubblica, oltre che di violazione di diritti umani, sul quale è possibile intervenire con azioni rivolte sia alla prevenzione del fenomeno sia a rafforzare i fattori di protezione promuovendo iniziative sociali, culturali e politiche.