Secondo uno studio recentemente pubblicato dall’ADN Kronos, che riprende, elabora e sintetizza analisi già note da tempo, il costo complessivo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina – in base al progetto attuale, vale a dire quello che fu messo in gara alcuni anni addietro – è di 7,1 miliardi di euro.
Tuttavia, per le casse dello Stato il vero impatto dell’opera – in termini di rilancio economico e di incassi – sarà ben più elevato. Infatti, il dato complessivo tiene contro di 2,9 miliardi necessari per la costruzione del ponte, di 3,1 miliardi per le opere di accesso al ponte lato Calabria e Sicilia e 1,1 miliardi per le opere accessorie di miglioramento della viabilità.


Potrebbero sembrare somme impossibili ma non è così dato che saranno interamente coperte accedendo alle opportunità di de fiscalizzazione (Ires, Irap e Iva) per un valore complessivo di 5,3 miliardi di euro e accedendo a una serie di risorse che vanno dal fondo Ten-T europeo per il corridoio Mediterraneo-Scandinavo, al fondo per l’emergenza Covid-19 (Pandemic emergency purchase programme) della Banca Centrale Europea, e infine agli High Impact Social Bond, ovvero quello stock di risparmio nazionale depositato in strumenti di liquidità.
Sempre secondo lo studio di ADN Kronos, solo nelle fasi di costruzione dell’opera le maggiori entrate erariali per lo Stato saranno pari a 8 miliardi di euro. Se si considerano invece i 30 anni di gestione da parte del Consorzio, le entrate complessive raggiungeranno i 107 miliardi di euro. Se a tali importi si sottraggono i 5,3 miliardi di sconti fiscali iniziali, quello che rimane nelle casse dello stato su un orizzonte trentennale sono oltre 101 miliardi: nonostante le diverse opinioni di chi non vuole una tale infrastruttura, non sembra affatto un dato negativo!
A questo, poi, va aggiunto l’impatto economico dell’opera. Il ponte, infatti, si preannuncia come un incredibile moltiplicatore di ricchezza. Ogni milione di euro investito sull’opera genera 2,36 milioni di produzione aggiuntiva. Di conseguenza, ogni anno, il ponte assicurerà una crescita del Pil nazionale dello 0,2%, pari a 2,5 miliardi di euro, creando valore per i lavoratori, le imprese, lo stato e naturalmente la collettività nel suo insieme.
Le cifre in questione potrebbero inoltre moltiplicarsi se, con il ponte, si consolidassero le strutture portuali siciliane, le quali, in questo modo, sarebbero in grado di intercettare il traffico marittimo delle migliaia di navi (oltre 45.000) che, dopo aver attraversato il Canale di Suez, passando davanti Gela, si dirigono verso lo stretto di Gibilterra e da lì verso i porti del nord Europa.
La possibilità di poter accedere all’alta velocità ferroviaria, inoltre, consentirebbe alla Sicilia di diventare una vera e propria piattaforma logistica, un hub commerciale e industriale, per le merci in transito, migliorando al contempo le potenzialità turistiche e abbassando di molto, checché ne pensino alcuni gruppi ambientalisti legati alla sinistra, storicamente contraria al ponte, gli attuali livelli di inquinamento.
In quanto agli aspetti occupazionali strettamente legati all’opera, sempre secondo la stima di ADN Kronos, ventimila persone verrebbero assunte già nel primo anno di cantiere; 118.000 posti di lavoro complessivi sono invece quelli stimati per la costruzione dell’intera infrastruttura.
Insomma, sul fronte dell’impiego lavorativo il Ponte sullo Stretto di Messina promette benefici immediati e consistenti. Se, infatti, il governo rilanciasse il progetto del consorzio Eurolink, già approvato dal Cipe nel 2003, che ha superato tutte le verifiche di sicurezza (oltre che i processi autorizzativi del Cipe), sarebbero ridotti al minimo i tempi di apertura dei cantieri e di realizzazione, anche tenuto conto che il Consorzio è guidato dal Gruppo Webuild, che ha realizzato il nuovo Ponte San Giorgio di Genova in tempi da record.


Secondo alcune stime, in soli 7 mesi potrebbe essere riapprovato il progetto esecutivo dando inizio ai lavori, il cui setup iniziale con le 20mila assunzioni si concluderebbe entro l’anno. Solo in questa fase il valore della produzione del cantiere raggiungerebbe i 380 milioni di euro. Una volta a regime, l’attività di costruzione darebbe lavoro, come detto, a 118mila persone, assicurando un aumento del tasso di occupazione nazionale dello 0,5%.
Tutto questo in una fase storica davvero drammatica ed in un contesto territoriale tra i più difficili in Europa: infatti Sicilia e Calabria sono due tra le regioni con il PIL pro capite più basso dell’Unione (rispettivamente 17.700 e 17.000 euro) e con i tassi di disoccupazione tra i più elevati (18,9% per la Sicilia, 23,2% per la Calabria).
Peraltro, i costi del non fare sono di gran lunga maggiori dei costi del fare. L’isolamento geografico della Sicilia, ad oggi collegata al continente solo con i traghetti, costa ogni anno tra i 4 e i 5 miliardi di euro, derivanti principalmente dalla lentezza dei trasporti.


L’attraversamento via nave dei 3.140 metri che dividono le due regioni richiede tempi di percorrenza e di attesa medi che vanno dall’ora/ora e mezza per le automobili fino alle due ore per i treni. Allo stesso modo i 5 milioni di turisti (di cui 2,4 milioni stranieri) che ogni anno visitano la Sicilia sono di fatto impossibilitati a raggiungere agevolmente la Calabria, che rimane tagliata fuori dalle rotte del turismo internazionale (appena 300mila stranieri visitano ogni anno la regione).
È importante, a questo punto, segnalare le favorevoli osservazioni sviluppate sull’argomento dall’ANCE, l’Associazione che raggruppa i costruttori edili, secondo la quale il ponte si può fare adesso per le ragioni sotto elencate, interamente riprese dal documento approvato nei giorni scorsi.
Il cantiere del ponte sullo stretto di Messina è stato già formalmente avviato. Infatti, per la realizzazione della pila ubicata in Calabria, è stato spostato l’asse ferroviario in località Cannitello e questa decisione testimonia praticamente l’avvio concreto di una fase fondamentale dell’intero progetto.
Il ponte sullo stretto di Messina non è un’opera costosissima, infatti gli interventi strettamente legati alla sua realizzazione non superano i 4,5 miliardi di euro.


Il ponte sullo stretto di Messina non è un’opera che deve essere ulteriormente condivisa dall’Unione Europea, perché nell’approvazione del corridoio Berlino-Palermo (reti Ten-T) del 2005 è contemplata anche l’approvazione del ponte e nell’edizione, sempre delle reti Ten-T del 2013, fu riconfermata la continuità territoriale. Quindi il ponte sarebbe, insieme all’asse Torino-Lione ed al terzo valico dei Giovi, l’unico progetto infrastrutturale già approvato dall’Unione Europea.
Il ponte sullo stretto di Messina non è un’opera che deve essere ulteriormente condivisa dalle regioni Calabria e Sicilia, perché la sua realizzazione è stata più volte formalmente approvata dai sue organismi e riportata integralmente in apposite intese generali quadro previste dal decreto legislativo 190/2002.
Il ponte sullo stretto di Messina è stato aggiudicato con una gara internazionale; quindi è un’opera che è stata sottoposta ad una evidenza pubblica che ne rafforza la trasparenza della scelta tecnica ed economica.
Il ponte sullo stretto di Messina rende funzionale la continuità del corridoio Helsinki- La Valletta; con il recente avvio del tunnel del Fehmarn Belt, infatti, si ultima il corridoio Baltico-Adriatico e, quindi, manca solo l’attraversamento dello stretto di Messina per completare l’intera rete.
Il ponte sullo stretto di Messina può accedere a vari fondi comunitari; in proposito è utile ricordare che allo stato sono disponibili: le risorse non spese del fondo di coesione e sviluppo 2014-2020 (circa 30 miliardi); le risorse del fondo di coesione e sviluppo 2021-2027; le risorse del fondo delle reti Ten-T; le risorse del recovery fund.


Il ponte sullo stretto di Messina rende possibile la creazione di uno dei più vasti sistemi metropolitani del Mediterraneo; spesso dimentichiamo che con la realizzazione di tale segmento si dà continuità funzionale alle aree urbane di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Messina, e Catania, e si offre a questa vasta zona la possibilità di accedere a tre impianti aeroportuali: Catania, Regio Calabria e Lamezia.
Il ponte sullo stretto di Messina motiva sia lo sviluppo della rete ferroviaria in Sicilia, sia la realizzazione dell’asse ferroviario AV/AC Salerno-Reggio Calabria e Messina-Palermo; senza il collegamento stabile la ferrovia diventa sempre più un’offerta di trasporto non conveniente per i passeggeri e per le merci, restando così una rete locale; a maggior ragione non si giustifica la realizzazione di un asse veloce Salerno-Reggio Calabria e Messina-Palermo, in quanto l’aggregazione della domanda rimarrebbe sempre ad un livello basso.


Il ponte sullo stretto di Messina, in termini di investimento, rafforza la dimensione economico-finanziaria da assegnare al Mezzogiorno; le risorse da destinare al meridione entro il prossimo quinquennio, comprese anche le opere in corso di realizzazione, non superano globalmente il valore di 6 miliardi (completamento Napoli-Bari, lotti SS 106 Jonica, Caltanissetta-Agrigento, Telesina, Circumetnea); gli stanziamenti per il Centro-Nord, nello stesso periodo, superano i 40 miliardi di euro, disattendendo completamente il principio normativo del 34% di investimenti totali da destinare al Sud.
Il ponte sullo stretto di Messina può benissimo essere inserito nel recovery plan perché la pretesa del completamento dell’opera entro il 2026 è il frutto di un’errata interpretazione compiuta dal nostro paese; entro il 2026 devono essere in corso avanzato i lavori con tutte le fasi realizzative e con il supporto analitico delle relative WBS (Work Breakdown Structures, vale a dire i riferimenti analitici che fanno scattare i relativi stati di avanzamento lavori).


Il ponte sullo stretto di Messina annulla il danno causato dall’attuale condizione di insularità, stimato in modo approfondito dalla società Prometea, per un importo pari a circa 6 miliardi di euro all’anno, come mancato contributo alla crescita del PIL.
I dati e le considerazioni sopra indicati costituiscono i pilastri portanti di un modello di sviluppo compatibile e moderno che cambierebbe radicalmente il volto non solo della Sicilia e della Calabria, ma di tutto il Mezzogiorno e dell’intero paese, che potrebbe usufruire di una virtuosa inversione del ciclo di lavorazione e commercializzazione delle merci, con evidenti effetti positivi sul piano generale e lavorativo.
Questa condizione di forte rilancio, grazie al ponte, all’alta velocità ferroviaria, al completamento della rete autostradale ed al potenziamento dei porti, vedrebbe l’Italia ed il Mediterraneo al centro dei processi industriali, culturali e persino sanitari dell’intero continente, con straordinarie prospettive di natura produttiva ed occupazionale, prevalentemente legate alla logistica, all’industria di trasformazione all’agricoltura, all’istruzione ed al turismo, con stime complessive che superano il milione di unità.


Di contro, la mancata realizzazione di un’opera di simili dimensioni economiche e sociali trasformerebbe il Mezzogiorno, al più, in un grande resort per anziani e pensionati, che vivrebbero sotto il perenne pericolo che un qualsiasi virus possa improvvisamente obbligarli a rimanerne prigionieri, mettendo in forte crisi quell’unica fonte di ricchezza e di lavoro alla quale questo territorio sarebbe condannato.
Gli obiettivi, però, non solo devono essere supportati da fondate analisi tecniche che ne assicurino la riuscita, poiché hanno pure bisogno di coraggiose e partecipate azioni di consenso, capaci di affermarne la realizzazione sconfiggendo gli interessi strumentali, economici o ideologici che vi si contrappongono di volta in volta.


Ecco perché la costruzione del ponte sullo stretto di Messina non può che essere la risultante di una battaglia dell’intero popolo meridionale e di tutto il paese, una battaglia che ha bisogno di uscire dagli schemi ideologici tradizionali, dai preconcetti, dalle false ipocrisie e dalle paure che, purtroppo, fino a questo momento, ne hanno impedito la realizzazione, con i danni che sono sotto gli occhi di tutti.

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