In questo difficile periodo storico, purtroppo, accade spesso di sentir dire che il motivo per il quale sono tanto frequenti le menzogne, soprattutto quelle pronunziate dai leader politici, sia da attribuire all’approssimarsi di questa o quella campagna elettorale.

Secondo quanti sostengono una tale teoria, le elezioni, invece di essere un momento di confronto umano, politico e programmatico, avrebbero la responsabilità della creazione e della diffusione delle bugie pronunziate dai diversi contendenti per ricavarne consenso. 

Non ho nessuna difficoltà a sostenere che, a mio modesto avviso, si tratti di una tesi, tanto comoda quanto fuorviante, utile solo a favorire il formarsi dell’errata convinzione secondo cui la responsabilità di un comportamento non sia di chi lo compie, ma dell’effetto provocato da ciò che lo determina.

Insomma, sarebbe come dire che la colpa della sporcizia che si accumula lungo i marciapiedi delle nostre strade non sia degli sporcaccioni, che non usano i cassonetti, o delle amministrazioni che non provvedono a ripulirli, ma della spazzatura stessa.

Il significato etimologico del verbo eleggere è “scegliere di propria volontà”; la scelta, quindi, presuppone una possibilità di opzione che, nel caso specifico, consente di non dover credere a qualunque baggianata venga propinata. 

Le elezioni, dunque, chiamano in causa non solo gli autori dei programmi, più o meno veritieri, a sostegno dei quali viene chiesto il voto, ma anche gli elettori, che possono decidere se credere o non credere a ciò che viene loro promesso.

Per essere ancora più chiari: in politica, come nel caso di un qualsiasi rapporto interpersonale, se c’è un bugiardo che mente, c’è anche un credulone che si lascia infinocchiare.

Secondo un saggio attribuito allo scrittore irlandese Jonathan Swift, l’autore de “I viaggi di Gulliver”, molto noto tra i “ragazzi” della mia generazione, “le menzogne legate a promesse si riconoscono per i modi da cui sono accompagnate. Chi le dice vi posa una mano sulla spalla, vi abbraccia, vi sorride, si inchina nel salutarvi o giura sulla veridicità di quanto ha detto”.

Swift, però, non si limita a mettere in guardia sui modi usati dai bugiardi in cerca di potere, egli si interroga anche su come sia meglio combattere la menzogna, se con la verità o con un’altra menzogna. 

A causa della complessità dell’animo umano, egli conclude affermando che, a suo giudizio, “è meglio distruggere la menzogna con un’altra menzogna”.

Credo che, in questi giorni, qualcuno stia tentando di applicare la teoria dello scrittore irlandese, senza tenere conto di un piccolo dettaglio: nel 1773, quando fu scritto il saggio di cui parliamo, c’erano moltissimi analfabeti, non c’erano i mezzi di comunicazione di massa e soprattutto non c’erano i social network.

Insomma: se al tempo di Jonathan Swift le bugie avevano le gambe corte, adesso le hanno cortissime.

Oggi, infatti, tentare di sconfiggere una falsità con un’altra falsità è molto più difficile di prima, anche perché, per tornare al nostro incipit, le elezioni si susseguono ad un ritmo più che frenetico.

In queste condizioni, mentire agli italiani, promettendo loro di poter guadagnare senza dover lavorare o sfidare a chi sputa più lontano coloro i quali possiedono gran parte del nostro debito pubblico, può essere molto pericoloso.

Lo sviluppo di un Paese non si misura sulla base della lunghezza del naso di Pinocchio, ma con i chilometri di autostrade o di ferrovie di cui dispone, con il numero di scuole e di studenti, con la riduzione della disoccupazione, con la crescita del PIL, oltre che assicurando ai cittadini salute, sicurezza, giustizia ed efficienza burocratica. 

E non finisce qui, perché l’Italia non può sperare di prosperare se non favorisce il miglioramento delle condizioni infrastrutturali e di vita in regioni come la Sicilia, in cui nessuno è disponibile a credere ancora a chi promette ciò che non è in grado di mantenere.

Il nostro Paese ha delle possibilità enormi, ma esce dalle secche della crisi solo se si sviluppa armonicamente, solo se compensa lo squilibrio al quale lo hanno portato coloro i quali hanno tradito i suoi territori più deboli: avete mai visto un body builder con il busto muscoloso e le gambe esili come fuscelli?