“Morto è il signor de la Palice, morto davanti a Pavia; un quarto d’ora prima di morire, era in vita tuttavia.” Dice così una canzone che rappresenta, in maniera inequivocabile, le ovvietà per le quali rimase famoso Jacques de Chabannes, signore di La Palice, più noto come monsieur de Lapalisse. 

Vi chiederete cosa mi abbia indotto a tirare in ballo questo notissimo personaggio, scimmiottato, negli anni ‘80, da Massimo Catalano, nella straordinaria trasmissione di Renzo Arbore, “Quelli della notte”. 

Lo confesso: a farmi ricordare Lapalisse e Catalano è stato il “vicepremier”, nonché leader “pentastellato”, Luigi Di Maio il quale, anche se probabilmente lui non lo sa, con la sua audace promessa del cosiddetto “reddito di cittadinanza” mi ha richiamato alla mente proprio il personaggio del famoso programma televisivo. 

Diceva Catalano: “è meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze; è molto meglio essere giovani, belli ricchi e in buona salute, piuttosto che essere vecchi, brutti, poveri e malati!”

Si tratta di affermazioni di tale evidenza e ovvietà che la loro enunciazione appare del tutto inutile, se non addirittura umoristica, esattamente come la possibilità di percepire un reddito che non costituisca l’effetto, il corrispettivo, di una rendita o di un lavoro!

Chi potrebbe mai dire che percepire una somma senza fare assolutamente nulla, se non aspettare, non sia bello? Il problema è capire come si faccia a crederci e chi debba essere a pagare per un tale regalo! 

Chi, cioè, sarebbe disposto a lavorare il doppio e percepire la metà, per consentire a qualcuno, che non sia impedito e sia perfettamente in grado di fare altrettanto, di vivere grazie al sacrificio altrui?

Ecco il punto e non solo per questo genere di problema! Intendo dire che le scelte valutabili, ai fini delle politiche pubbliche o delle decisioni personali, non sono, né possono essere, quelle ovvie, perché non si tratterebbe di vere scelte, bensì quelle che presentano una reale alternativa: quelle difficili, quelle che obbligano a stare da una parte o dall’altra.

Le scelte valutabili, anche rispetto al giudizio che si esprime su una determinata azione politica o su una decisione individuale, sono quelle che ci fanno contorcere gli intestini, quelle che non ci fanno dormire la notte, quelle che mettono in crisi i nostri valori, il nostro modo di intendere la vita e la convivenza civile.

Le scelte vere sono quelle che possono compiere dei convinti animalisti, nel momento in cui devono stabilire se sacrificare o meno i propri cani, in un audace esperimento scientifico, che può salvare dalla morte il proprio figlio.

Le scelte vere sono quelle attraverso le quali ci obblighiamo a rispettare le opinioni altrui, anche se possono arrecarci danni notevoli; sono quelle che ci spingono a stabilire se sia giusto o meno staccare la spina di un respiratore artificiale. 

Le scelte vere sono quelle di chi deve prendere la decisione di sganciare una bomba su un centro abitato o di non sganciarla, con il rischio che un altro la sganci su di lui.

Fino a questo momento, a Palazzo Chigi e dintorni, non vedo molta gente capace di compiere scelte vere, non vedo chi possa stabilire quali capitoli di bilancio tagliare e e di quanto, e quali incrementare, per migliorare la qualità della vita degli italiani.

Fino a questo momento, ad esempio, non vedo alcuna proposta strutturale né per migliorare il sistema giudiziario, né per vigilare sul potere discrezionale di certi burocrati eterni ed eternamente corrotti.

Fino a questo momento, non vedo profilarsi alcuna decisione in grado di costruire una sanità che sia funzionale alla salute dei malati, piuttosto che ai destini dei primariati, né decisioni capaci di perequare le infrastrutture del Sud rispetto agli indici del Nord.

Guardandomi in giro, alla ricerca di una qualche speranza, tra chi non decide affatto e chi, nonostante ogni buon auspicio, decide troppo, vedo soltanto una pletora di personaggi i quali, con veemente protervia, sostengono che: “è meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca, anziché di un mostro cretino e senza una lira”!