Dice il giornalista ed amico Edgardo Gulotta che: “secondo uno studio della Banca d’Italia, l’ascensore sociale in Italia non funziona praticamente più e che le condizioni di partenza di ciascuno restano decisive e preponderanti, soprattutto per il futuro dei giovani, che faticano da soli a farsi strada in una società che ormai è quasi bloccata.”

Nei fatti, secondo i dati forniti, la differenza la fanno ancora le scuole frequentate, le amicizie familiari, i quartieri di provenienza, esattamente come accadeva cento o duecento anni fa. 

L’accurata analisi di Bankitalia è un impietoso campanello d’allarme: poco sviluppo, poca crescita, poca mobilità fra le generazioni che, in sintesi, vuol dire tensioni sociali destinate ad aumentare, conflitti generazionali, invidie elevate a sistema, povertà. 

Le brutte notizie, però, non finiscono qui! Secondo quanto emerge dai dati riguardanti il programma “Garanzia giovani”, le persone di età compresa tra i 15 ed i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi formativi, vale a dire i cosiddetti “neet”, non hanno nessuna voglia di scommettere su se stessi utilizzando un prestito agevolato per avviare una propria attività.

In base a quanto emerge dall’esame delle istanze registrate sulla relativa piattaforma, su 164.464 giovani che si sono registrati, soltanto 230 hanno presentato domanda per ottenere il finanziamento per l’auto impiego erogato a tasso 0 e senza garanzie sussidiarie. 

Tra le istanze presentate, al netto di quelle decadute, 101, di quelle non ammesse, 46 e di quelle in fase di valutazione, 7, solo 76 iniziative hanno avuto accesso al finanziamento: veramente poche!

Non ci sono buone notizie neanche nel settore creditizio, dove il costo del denaro in Sicilia è pari, per le piccole imprese, all’8%, mentre per quelle medio grandi al 5,8%, a fronte, ad esempio, del Veneto, in cui il credito costa il 6,2% alle piccole imprese ed il 3,5% alle medio grandi.

Un dato ancora più allarmante dei precedenti, è quello riguardante la qualità della vita. Nella classifica stilata poche settimane addietro dal Sole 24 ore, in Sicilia, la provincia meglio posizionata è quella di Ragusa, collocata al 73° posto, con Siracusa all’82°, Catania all’84°, Palermo all’87°, Trapani all’89°, Agrigento al 93°, Messina al 96°, Caltanissetta al 100° ed Enna al 102°.

Tra gli indici maggiormente preoccupanti, c’è anche quello che riguarda la pressione burocratica, che vede la Sicilia al primo posto, con un tasso che sfiora gli 803 punti su 1000: un vero record di inefficienza!

Secondo uno studio di Confartigianato, la situazione è frutto, tra l’altro, di una bassissima informatizzazione degli uffici, in cui solo l’1,4% delle pratiche vengono gestite online, di tempi biblici nell’esecuzione delle opere pubbliche, quasi 7 anni, dell’alto tasso di corruzione, pari a circa il 7,7%, della giustizia dai tempi biblici, oltre 15 anni per le cause civili, degli errori penali frequenti, oltre che di una scarsissima propensione all’assunzione di responsabilità da parte di tutti.

In queste condizioni, appaiono del tutto evidenti i motivi che hanno bloccato lo sviluppo della nostra Regione, ma purtroppo non solo per cause indipendenti dalla sua volontà,  come noi siciliani amiamo spesso sostenere, dato che sono note le ragioni politiche che hanno bloccato la spesa comunitaria al 2007; dato che è forte la propensione a farsi infinocchiare da parte della popolazione più debole e non solo; dato che è atavica la tendenza ad attendere la manna dal cielo; dato che il vile e vigliacco mugugno ha spesso preso il posto della consapevole ed orgogliosa protesta.  

Il motivo più grave, però, è un altro: la mancanza di una classe politica siciliana che risponda a partiti siciliani, dunque ad elettori siciliani, come ad esempio accade in Trentino Alto Adige o in Valle D’Aosta.

Negli anni, abbiamo votato per uomini, me compreso, aderenti a partiti nazionali che hanno risposto a logiche che hanno i progressivamente marginalizzato la Sicilia, trascurando, chi più, chi meno, chi in buona fede, chi con cinica cattiveria, quelle che erano e sono ancora le esigenze di questa terra. 

Tuttavia non bisogna mai cadere nella logica dell’ineluttabile destino, o dell’impossibile cambiamento, perché il destino, se lo vogliamo, ce lo costruiamo noi con impegno e passione. Come? 

Con la consapevolezza, con l’educazione, con l’istruzione, con il buonsenso, con la buona volontà, utilizzando le risorse di cui possiamo disporre, semplificando le procedure, con coraggio, evitando di fare di tutta l’erba un fascio, guardando in faccia la realtà, tirandoci su le maniche senza aspettare né la manna dal cielo, né le elemosine di Stato, ma costruendo una classe dirigente ed una classe politica che risponda al territorio che l’ha espressa.

Solo in questo modo, passando dal pensiero all’azione, sarà possibile rimettere in funzione l’ascensore sociale, altrimenti prepariamoci ad una vita di miseria e di passiva sottomissione.