Credo che la solidarietà rappresenti un dovere al quale nessuno debba mai sottrarsi, anzi, penso che rappresenti uno dei pilastri della convivenza civile. 

Credo, però, che confondere la solidarietà con il pauperismo possa farci correre il rischio di fermare qualsiasi processo di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita, pregiudicando persino il futuro. 

Per usare uno slogan potremmo dire che: è giusto combattere la povertà, ma non si capisce perché si debba combattere la ricchezza, se si fonda sul rispetto delle leggi e sulle capacità culturali e professionali di ciascuno. 

Promuovere il pauperismo può significare stravolgere la natura umana e favorire l’invidia sociale, cioè costanza che può determinare un progressivo abbassamento del livello della qualità esistenziale di ciascuno, mentre il percorso da fare dovrebbe essere quello inverso, cioè alzare il livello di chi si trova più indietro, aiutandolo ad andare avanti nel più breve tempo possibile.  

Non credo che le politiche pauperiste, che ogni tanto affiorano da parte di questo o di quel partito possano costituire un modello da seguire, credo che, invece, si debba perfezionare il concetto di solidarietà, di welfare, di qualità dei servizi e delle prestazioni pubbliche. 

Ma soprattutto credo che si debba compiere ogni sforzo possibile per aumentare il tasso di occupazione e costruire una società fondata sul merito. Per cominciare  basterebbe questo, in modo da assicurare un percorso virtuoso verso il miglioramento della qualità della vita di tutti piuttosto che verso il suo appiattimento.