Mentre scrivo sto ascoltando un brano bellissimo del duo musicale siciliano “Bellamorea”, mandato in onda da Rai 3 e giratomi per whatsapp dagli stessi autori. Il titolo è “Ma di chi stamu parrannu” e affronta problemi  che viviamo tutti i giorni, ma che i giovani, soprattutto quelli più fragili, avvertono con maggiore crudezza. 

Vi invito ad ascoltarlo con attenzione ed a riflettere sul testo, perché è davvero drammaticamente attuale. Lo riascolto più volte e mi chiedo che fine abbia fatto il popolo siciliano, quello che diede vita alla lingua italiana, quello che scatenò la rivolta dei Vespri, quello che spianò la strada all’esercito alleato, che ci liberò dal nazifascismo. 

Mi chiedo come abbiano potuto fare i siciliani a dimenticare il glorioso passato che hanno vissuto, gli uomini illustri a cui questa terra ha dato i natali. 

Mi chiedo come abbiano potuto dimenticare che la Sicilia è stata il granaio d’Italia, che ha fatto conoscere al mondo gli agrumi a polpa rossa, gli ortaggi primaticci, il pistacchio, il vino e l’olio più buoni del Mediterraneo. 

Mi chiedo dove sia finita la borghesia illuminata che, negli anni ‘60 del secolo scorso, caratterizzò la nascita della zona industriale di Catania. Mi chiedo dove siano finiti i grandi professionisti e gli infaticabili lavoratori, che a suon di sacrifici ci hanno mandato a scuola, “perché noi non patissimo le loro stesse sofferenze”. 

La mia sensazione è che noi siciliani, per colpa di chi ha usato la politica per sfruttare le miserie umane, per trasformare il diritto in favore ed il consenso in merce di scambio, siamo diventati un popolo che vive il presente, che ha dimenticato il passato e che, purtroppo, non è più capace di progettare il proprio futuro. 

Di fronte a questa non facile, né dignitosa, situazione dobbiamo decidere se continuare a subire o se dobbiamo tentare di reagire. 

La risposta mi pare ovvia, ma spetta a noi, e non ad altri, metterla in pratica. I “Bellamorea”, con il loro bellissimo brano, suscitano tanti sentimenti e per questo spero che quanto stanno facendo con la musica e con gli strumenti che suonano, altri lo facciano con strumenti diversi, con quelli di cui dispongono, fosse pure una semplice matita o una chiave inglese, ma lo facciano.