Group of young people in mechanical vocational training with teacher at drilling machine

Il mercato del lavoro continua a presentare pericolose discrasie tra richiesta ed offerta. Il risultato è che crescono parallelamente sia il numero di disoccupati, sia le richieste di manodopera che restano inevase. 

I motivi di una tale incresciosa e paradossale situazione sono diversi, uno però troneggia su tutti: l’insufficiente collegamento tra scuola e mondo del lavoro, che non significa soltanto provare a calcolare per tempo quanti idraulici, quanti ragionieri, quanti geometri, quanti informatici, ecc. servono in un numero predeterminato di anni, ma significa anche far maturare nei giovani una mentalità che metta il lavoro ed il merito al centro del loro futuro. 

Fino a quando un buon voto a scuola varrà meno di una buona raccomandazione, fino a quando nessuno spiegherà ai ragazzi che il lavoro, oltre che un sacrosanto diritto è anche un più che sacrosanto dovere, fino a quando nessuno farà comprendere ai meno giovani che nella vita si può pure cambiare attività più volte, come accade in altri paesi del mondo, fino a quando lo Stato non assicurerà un sistema di reale formazione professionale adeguato e permanente, anzi ciclico, il paradosso di cui abbiamo parlato non accennerà ad essere risolto e l’effetto sarà l’importazione dall’estero delle figure professionali non disponibili in Italia. 

Non è una boutade. Sono a conoscenza di persone che hanno messo in piedi una fiorente attività di intermediazione lavorativa nel settore dell’edilizia, della meccanica di precisione e della sanità. 

Il tutto mentre i nostri giovani vengono anestetizzati con un reddito di cittadinanza che non ha “abolito” la povertà, ma che in compenso ha impigrito quei pochi che la voglia di lavorare e la competenza necessaria l’avevano, e tuttavia non riuscivano a trovavate la raccomandazione giusta per esercitarla.