/ Un mio carissimo amico si sofferma spesso a sviluppare considerazioni riguardanti la situazione nella quale ci troviamo, in cui, frequentemente, il ruolo residuale che possiamo ricoprire non è quello di partecipare alla ideazione ed alla costruzione di un progetto, come dovrebbe accadere in una democrazia compiuta, in cui “la sovranità appartiene al popolo”, ma quello di tifare per una ipotesi o per un’altra. Il mio amico ha perfettamente ragione, senza se e senza ma. Ha ragione perché nel tipo di democrazia in cui viviamo e che si alimenta di disinformazione, di scarsa competenza e di parecchia presunzione, oltre che di manifesta difficoltà verso il civile confronto, lo spazio che ci resta è quello dello spettatore, ovvero quello del consumatore, che può limitarsi soltanto a scegliere, giammai a partecipazione, sempre più limitata a ristrette oligarchie eterodirette o prigioniere di più che contingenti sondaggi, di stati d’animo, di umori del momento, di emergenze talvolta strumentali, ecc. In una tale situazione l’unico spazio che resta alla “sovranità popolare” è quello del tifo per una o per l’altra fazione, esattamente come accade nel calcio. Tuttavia sarebbe ingiusto se, come accade spesso, scaricassimo la colpa sulla situazione nella quale ci troviamo e tentassimo di auto assolverci, perché molto dipende dalla nostra ignavia e dalla nostra pigrizia. D’altra parte è noto che tifare è molto più semplice che scendere in campo, prendere la palla, smarcarsi e fare gol all’incrocio dei pali.