Ho visto in giro arance a 30 centesimi al chilo. Volendo fare un paragone, potremmo dire che tre chili di arance costano meno di un caffè. Questo stato di cose rappresenta la mortificazione della nostra agricoltura, ma significa pure che non sappiamo fare rete, che non sappiamo realizzare economie di scala, che continuiamo ad essere prigionieri di un individualismo che rischia di soffocarci. 

Dovremmo prendere esempio da quanti, come i produttori di mele del Trentino, già da anni, hanno realizzato forme associative che permettono loro di guadagnare di più e di produrre meglio. Se ci sono riusciti loro perché non possiamo riuscirci anche noi? Cos’abbiamo, noi siciliani, in meno degli altri? 

In risposta a questa domanda, mi capita spesso di sentirmi dire che: “noi siamo fatti così”, oppure, “noi non sappiamo lavorare insieme ad altri”. Qualcuno si spinge sull’orlo dell’analisi sociologica e afferma senza vergogna che: “noi siamo individualisti incapaci di fare rete”. 

Mi addoloro ma non mi stupisco. Anni di accondiscendenza passiva a scelte compiute lontano da noi hanno stroncato anche le intelligenze più spiccate e audaci. Anni di gestione del bisogno ci hanno abituati alla miseria economica e morale, della quale stentiamo a liberarci. 

Eppure noi siciliani non siamo affatto né pessimisti, né miserabili. Quando lo vogliamo sappiamo essere intraprendenti e operosi. Ricordiamoci che siamo gli eredi di culture evolute, di Archimede, di Maiorana, di Verga, di Pirandello, ecc. Ma soprattutto ricordiamoci che non abbiamo niente di meno dei cittadini del Nord, se non le infrastrutture, che ci sono state negate.

Ciò premesso, dobbiamo essere consapevoli del fatto che le strade, le ferrovie, le autostrade, i porti, gli aeroporti, le scuole, le reti multimediali ecc. possiamo rivendicarle, possiamo pretendere che vengano realizzate nella stessa quantità e qualità delle altre regioni, ma la mentalità non possiamo rivendicarla, la dobbiamo cambiare da soli. 

Non possiamo combattere il tradimento dello Stato con l’indolenza, possiamo combatterlo con l’intelligenza, l’impegno e la passione civile che dobbiamo riscoprire dentro di noi, perché nessuno ci sottoporrà mai ad una cura ricostituente a base di lavoro e partecipazione civile.