Quale miglior modo di festeggiare la commemorazione dei defunti se non con i tradizionali dolci che, in tutta la Sicilia, vengono prodotti proprio in questo periodo? Hanno origine dall’antica usanza della “caccia al tesoro” con cui i bambini cercavano, in chissà quale posto nascosto della propria abitazione, dolci che nella notte tra l’1 e il 2 novembre lasciavano in dono i cari defunti. Di questo antico rituale è rimasto poco ma, sicuramente, a non abbandonare le tavole imbandite sono i vari dolci e biscotti tipici. In particolare a Catania ve ne sono almeno sei tipi differenti che si possono trovare nei panifici o biscottifici del territorio.

Ossa di Morto

Sono tra i più celebri nonostante si presentino come dei semplici biscotti che, dall’aspetto, ricordano proprio delle ossa. Il biscotto è formato da una parte inferiore più scura e dura, e da una superiore zuccherina e friabile. Il sapore, seppur semplice, viene aromatizzato da cannella e/o chiodi di garofano. La particolarità che caratterizza questo biscotto riguarda proprio la sua preparazione infatti, nonostante esteticamente sembra essere composto da due parti differenti, il biscotto è in realtà unico: la parte superiore zuccherina e quella inferiore farinosa si separano solo in fase di cottura, a causa del diverso grado di umidità tra le parti, e soprattutto dopo un lungo riposo che ne permette l’asciugatura.

Nzuddi

Gli nzuddi catanesi sono una variante dei biscotti omonimi originari della provincia di Messina, preparati il 3 Giugno per la festa della Madonna della Lettera, patrona della città. Il nome particolare deriva dall’abbreviazione del nome Vincinzuddu, che fa riferimento alle suore vincenziane le quali per prime hanno diffuso la tradizionale preparazione di questi biscotti. La variante catanese, che invece è più comune per la festa dei morti, si caratterizza principalmente per la forma a cerchio al cui centro viene posta una mandorla intera. La consistenza è leggermente gommosa ed il loro gusto inconfondibile si deve al retrogusto di arancia candita e cannella.

Totò

Tetù, Tatù, Teio o Totò, tanti nomi per questi biscotti dalla consistenza morbida e dal gusto dolcissimo ottenuto grazie alla glassa di cioccolato che li ricopre, il cuore del biscotto un tempo veniva ottenuto dalle pasticcerie riutilizzando gli avanzi di pan di spagna o di altri impasti precedentemente preparati, ma tutt’ora esistono numerose ricette per ricreare queste delizie. Il nome “Totò”, conosciuto come abbreviativo di “Salvatore”, si pensa possa far riferimento al primo pasticcere che preparò questo dolce. Nella variante palermitana, invece, vengono chiamati Tetù e Teiò, un’abbreviazione dialettale che significherebbe “uno a te e uno a me”; se i primi sono ricoperti di glassa al cacao come quelli catanesi, i secondi invece, dall’aspetto chiaro, sono ricoperti di semplice glassa zuccherata spesso creata con gli albumi. Entrambi hanno però un impasto chiaro – e per questo differiscono rispetto ai Totò del catanese dall’impasto al cacao –ricordando invece i bersaglieri o i biscotti regina.

Biscotti Regina e Bersaglieri

Chiamati anticamente anche “viscotta ca liffia”, in quanto l’aggettivo “liffia” veniva utilizzato per indicare superfici particolarmente lisce e lucide, come appunto quella dei biscotti. Si pensa che storicamente questo dolce sia nato non troppo tempo fa, precisamente nel 1943 con lo sbarco dei soldati americani in Sicilia, chiamati genericamente “bersaglieri”, i quali vennero omaggiati dalle donne siciliane che crearono questo dolce unendo il più classico impasto del panettone alla cioccolata importata, in quell’occasione, dagli americani. In qualsiasi vassoio di dolci, i Bersaglieri sono sempre accompagnati dai biscotti Regina – con cui formano un’inseparabile coppia. I biscotti Regina, tuttavia, si riconoscono perché sono la variante più candida dei Bersaglieri e, inoltre, vengono ricoperti da una profumatissima glassa al limone.

Rame di Napoli

A trionfare su tutti vi sono infine le Rame di Napoli, biscotti morbidi al gusto di cacao ricoperti di glassa al cioccolato. I biscotti, nonostante il nome fuorviante, appartengono strettamente alla tradizione catanese. Si pensa che la loro denominazione possa avere origine o dal cognome del primo pasticcere che li inventò, o perché questi biscotti, risalenti al periodo del regno borbonico – precisamente dopo l’unificazione del regno di Napoli con quello di Sicilia – ricordino la moneta di rame coniata al posto delle più preziose in argento e oro. Al giorno d’oggi le pasticcerie del catanese si sbizzarriscono per trovare la variante più avvincente: dall’utilizzo del pistacchio, alla crema bianca, fino ad arrivare all’aggiunta di un cuore di marmellata. Tuttavia, una variante più antica è presente ad Acireale e si chiama “Nucatuli”, da non confondere con gli omonimi biscotti ad “S” del ragusano, e si caratterizzano dalla confettura realizzata con la zucca.

Frutta Martorana e Pupaccena

Non si poteva non nominare la frutta Martorana che, nonostante sia presente durante tutto l’anno nelle pasticcerie siciliane, è uno dei dolci che nella tradizione, soprattutto palermitana, veniva regalato ai bambini durante la festa dei morti. Il loro aspetto che riproduce fedelmente quello della frutta deriva, secondo la leggenda, da un episodio in cui un vescovo (o un re) visitò l’interno del chiostro della Martorana dove le monache benedettine adornarono gli alberi spogli con frutta di zucchero. Con una preparazione simile nascono i Pupi di zucchero o Pupaccena che, grazie alla maestria artigianale dei pasticceri, riproducono i paladini del ciclo carolingio. Il nome si pensa possa derivare proprio dal tedesco “puppchen” (“bambola”).

Ilenia Giambirtone